Nei due mesi trascorsi tra l’ultimo post e questo sono stata sotto molti cieli diversi. Del resto le mie ferie iniziavano pochi giorni dopo ed è responsabilità solo mia se ne ho trascorso la prima settimana a Parigi lavorando. Dopotutto ho sempre pensato a me stessa come a una persona pigra a cui piace lavorare e l’organizzazione di Dolcevita-sur-Seine 2023 era stata un’esperienza talmente inebriante e totalizzante che rinunciare avrebbe comportato un dolore che non ero pronta a sostenere.
È stato un festival diverso dallo scorso anno, in cui ho lavorato di meno in termini assoluti e in cui mi sono dovuta ricordare ogni giorno che stavo facendo il massimo di quello che ero in grado di fare e che anche quel poco era comunque importante. Ma mentre l’anno scorso aveva rappresentato il mio ritorno ad una vita veramente attiva e non volevo che finisse, quest’anno ci sono arrivata contando i giorni alle ferie perché stremata dalla imprevista mole di lavoro che mi era ricaduta addosso alla Maison de l’Italie.
E’ stato però un festival in cui mi sono divertita, in cui non sono stata per la maggior parte del tempo lontana da dove tutto succedeva e in cui potevo anzi sedermi al bar con invitati e colleghe un po’ guardando i vari film e un po’ chiacchierando. E’ stato un festival in cui godere dell’atmosfera in delle arene di Lutèce trasformate e animate dalle attività che abbiamo organizzato e in cui essere fiera ogni volta che spettatori delle passate edizioni ci si avvicinavano per complimentarsi e confessarci che preferivano di gran lunga la collocazione nelle arene a quella lungo la Senna.

E’ stata per me l’ennesima dimostrazione di quello che possono fare un gruppo di donne (e un uomo): organizzare un evento speciale in maniera estremamente professionale coinvolgendo tutte le forze che ci lavorano in un clima rispettoso, leggero e divertente. Lo penso dalla prima edizione a cui ho partecipato ma in Dolcevita-sur-Seine e tutte le manifestazioni organizzate dall’Associazione Palatine che ne è promotrice, vedo un qualcosa di fortemente politico. Poi tutte vorremmo arrivarci meno stanche e provate dai lavori che facciamo durante il resto dell’anno ma per ora la scommessa prevede che Dolcevita sia ancora qualcosa che si fa molto per passione e a latere.
Quindi, concluso il festival, l’indomani sono partita inviando le ultime mail e gli ultimi messaggi di lavoro dall’aeroporto. A Parigi lasciavo un autunno prolungato (o anticipato), con temperature scese fino ai 13 gradi e minacce di piaggia le sere del festival; scesa dall’aereo ad Olbia pensavo che quel caldo afoso che sentivo fosse causato dal motore dell’aereo mentre scendevo dalle scalette. Mi sbagliavo, quella era proprio la temperatura effettiva a cui non ero assolutamente pronta.

La settimana scarsa che ho trascorso a Stintino ha adempiuto pienamente al suo ruolo: lasciare Parigi a Parigi e pensare solo a dove andare al mare e a quali dei vari cibi che hanno costellato le mie vacanze sarde negli anni non voler rinunciare. Quando è arrivato il momento di salire su un altro aereo, ho realizzato che quella settimana scarsa di vita che si riproduce quasi uguale a se stessa da quando vado in vacanza in Sardegna (da quando sono nata, insomma), era stata fondamentale per recuperare le forze ma che ora ero pronta anche a delle variazioni. La tappa successiva è stata Londra.
Uno dei punti fermi nella mia vita da quando sono bambina è Bruce Springsteen. Il suo ultimo tour si chiudeva a Londra e Londra è stata la tappa per cui con mia sorella e mio cognato siamo riusciti trovare i biglietti che volevamo noi. La scelta non è stata così difficile, loro lì ci abitano. Abbiamo preso i biglietti sperando fosse l’ultimo tour negli stadi, ormai stanchi dell’ansia di prendere i biglietti nel pit, dei costi sempre più alti, di arrivare presto per stare più vicini al palco possibile, di organizzarsi per ogni tipo di meteo, di sottostare alle assurde norme riguardo a ciò che può entrare o meno in uno stadio. Alla terza nota già sapevo che in caso di un altro tour ci sarei cascata di nuovo e mi sarei sottoposta nuovamente a tutta la trafila.

Mi sono vissuta i giorni prima e dopo il concerto con molta tranquillità e rilassatezza. Un pomeriggio ai Kew Gardens (belli ma sulla linea di atterraggio di Heathrow, in tutto il pomeriggio non ci sono stati più di 45 secondi di silenzio di seguito), una sera al pub, un salto al piccolo Vagina museum e un altro alla mostra sull’Espressionismo alla Tate Modern. Il tutto in una estate continentale piacevole e distesa. Soprattutto, ho potuto vivere tutto questo con la tranquillità di chi già a gennaio aveva preferito il Flixbus al treno a causa delle tariffe troppo alte e che pertanto non avrebbe subito il sabotaggio delle linee ad alta velocità in Francia.

La data del mio rientro a Parigi, il 27 luglio, non era priva di significato. Il 27 luglio del 2022 ero arrivata in città con una valigia, uno zaino e l’incoscienza di chi riparte da zero senza avere niente di concreto in mano. Il 27 luglio di due anni dopo stavo tornando dalle ferie con un lavoro a tempo indeterminato che mi piace, una fidanzata (con cui purtroppo non avevo passato le ferie) e la convinzione di essere al seguito di una scia positiva. Soprattutto, il 27 luglio del 2024, a Parigi iniziavano le gare delle Olimpiadi.