La giornata è cominciata con una grande delusione: una delle parti del viaggio che attendevo con più sentimento salterà a causa delle restrizioni del governo in seguito agli incendi delle ultime settimane. Domattina infatti dovevo prendere un bus e un taxi che mi avrebbero portata alle pendici del Monte Olimpo che avrei risalito in due giorni, dopo aver pernottato in un rifugio. Ebbene, fino al 20 agosto tutti i parchi sono chiusi e pertanto per domani e dopodomani dovrò trovare qualcos’altro da fare

Intanto oggi con Iota siamo andate a fare un salto a Salonicco. Seguendo le sue indicazioni ho guidato fino alla città alta da cui ho potuto godere di una splendida vista su tutto il golfo. Poi un salto in una pasticceria del centro e due passi per farmi vedere il vecchio quartiere ladadika, ossia uno dei pochi luoghi storici della città. Ladadika, proprio davanti al porto, era l’antico mercato dell’olio nonché sede di varie case di tolleranza. Adesso è una delle zone più vivaci della città, coi suoi locali e bar e intensa vita notturna che però non ho visto perché siamo passate a mezzogiorno di Ferragosto quando i locali meno turistici erano chiusi poiché festeggiavano il dì di festa. Anche qui permane la sensazione di una città in cui il vecchio e il nuovo, edifici molto belli ed edifici molto brutti, si mischiano senza soluzione di continuità.

Vista dalla città vecchia

Di ritorno verso Agia Triada invece ci siamo fermate a Pereia a festeggiare il 15 agosto in una taverna sulla spiaggia. Ho aperto il menù e l’ho richiuso decidendo di far scegliere alla mia Cicerona l’ordine: tzatziki, un’altra cosa simile a base di formaggio e peperoni, cozze con mostarda, pomodori e feta, sardine alla griglia, zucchine in pastella fritte. Il tutto bagnato da ouzo e vista mare. Il nostro arrivare prima della una si è rivelato provvidenziale perché a breve si sono riempiti tutti i tavoli e i parcheggi e, quando guidi una vecchia Punto senza servosterzo e aria condizionata e in cui la retromarcia entra a fatica, fa comodo trovare un posto in cui entrare agilmente.

La consegna del pranzo era: mangiamo qualcosa di leggero perché nel pomeriggio andiamo in spiaggia a festeggiare vari onomastici con le amiche. Il concetto di leggero però deve essere lo stesso che aleggia nel sud Italia perché come siamo rientrate in casa, il tempo di guardare un paio di cose sul telefono e sono crollata addormentata, con la maglietta che mi si appicciava alla schiena per il caldo. Ciononostante intorno alle 16 Iota era davanti ai fornelli che friggeva polpette (“non me la sento di accendere il forno con questo caldo”) da portare al party in spiaggia.

Pranzo di Ferragosto

L’onomastico in questa parte di mondo è molto sentito e il telefono di Iota ha squillato quasi incessantemente per tutto il giorno, almeno finché non lo ha dimenticato a casa. Oggi infatti si celebrano le Marie, le Panaiota (Panagia se ho capito bene è la Madonna) e forse anche qualcun altro ma non ne sono sicura. In occasione della festa inoltre sono i festeggiati che preparano e offrono il che ha reso tutto vagamente imbarazzante per me che ancora non ho speso quasi niente a parte il taxi per arrivare dall’aeroporto e ciò che ho speso ieri in città da sola.

Il greco è per me un mondo oscuro (a parte le parole italiane che in questa lingua hanno le loro radici) e ancor più straniante è il fatto di non saper leggere nemmeno l’alfabeto, ciononostante mi sono seduta sulla mia seggiolina in spiaggia e mi sono goduta lo spettacolo: un gruppo di una decina di cinquanta, sessanta, settantenni, attrezzati con ombrelloni, sedie da spiaggia e tavolino che ricoprivano di leccornie locali tra cui pita, pollo fritto con o senza sesamo, polpettine, patate, melanzane, una torta simile al casatiello come concetto e credo anche come apporto calorico, delle specie di cannoli probabilmente passati in zucchero e cannella e riempiti di crema. Dalle borse frigo uscivano birre, acque ghiacciate, vino e limonata (credo fosse limonata nelle lattine).

Merenda cena di Ferragosto

Alcune delle persone si conoscevano da quarant’anni, altre da pochi mesi o pochi anni, amiche di lunga data, vicine di casa, tutte a ridere, scherzare e confidarsi sedute in cerchio sulla spiaggia. Anche se non capivo le parole, era chiaro il piacere di stare insieme di chi le pronunciava. E mentre il sole calava, Iota si rallegrava per il mio stare insieme alle sue amiche, provando a imparare qualche parola di greco (per ora kalimera, kalispera, kalinikta, efharistò, parakalò, nè, oxi, buongiorno, buonasera, buonanotte, grazie, prego, sì, no, insomma, come essere educata). Intanto, mentre il sole calava, il compagno di una delle amiche ha spento la radiolina che mischiava musica greca più o meno contemporanea tra cui una versione locale de “La differenza fra me e te” di Tiziano Ferro, e ha attaccato il suo telefono a una piccola cassa per farmi sentire più a casa: Toto Cutugno, Umberto Tozzi, Tony Renis e tutti quei cantanti da cliché italiano all’estero che in casa mia non entravano. E poi Modugno, Gino Paoli e canzoni che questo gruppo di greci conosceva e cantava con trasporto e divertimento mentre io guardavo e mi godevo questo spettacolo antropologico fatto di rapporti umani e piacere di stare insieme.

Quando pensavo non ci fosse altro da aggiungere alla serata, il solito compagno di prima, quello con cui avevo lungamente chiacchierato in acqua in un inglese che si faceva capire, ha tirato fuori il fornellino a gas, acqua e caffè greco. Per vivere la piena esperienza locale ho bevuto anche quello prima di un ultimo bagno al tramonto, in un’acqua talmente calda che era più difficile stare fuori che dentro, mentre il sole lentamente scivolava dietro il promontorio che racchiude questa lunga lingua di sabbia davanti a Thessaloniki, la vittoria dei Tessali.

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