La Grecia, e più nello specifico l’isola di Creta, è stata il teatro del mio primo viaggio da sola nel 2015 e l’inizio di una certa metodicità nello scrivere un diario, nello specifico quello di quella vacanza si trova cliccando qui. Quest’anno segna il mio ritorno all’estero dopo uno stop di circa tre anni, interrotto solo da una brevissima puntata a Nizza due estati fa.

Sono arrivata ieri sera dopo un viaggio estenuante fatto di caldo, mascherina e treni presi in anticipo per paura di perdere il volo. Alla fine in ritardo era proprio l’aereo, arrivato tardi a Bologna e partito con altro ritardo a causa dei controlli documenti estensivi causa Covid.

Uno dei motivi inconfessati per cui circa un mese fa sono tornata in Sardegna per un fine settimana lungo è stato quello di riprendere un aereo dopo due anni di stop e vedere come se la cavava la mia ansia da maniaca del controllo che prende aerei da quando ha 40 giorni e ancora non si è abituata alla loro sostanziale sicurezza. Sono quindi salita sul mio volo per Salonicco con un livello di ansia tutto sommato contenuto. Oltre al ritardo l’unico vero peccato è stato il viaggio in notturna, aver lasciato il crepuscolo sulle Valli di Comacchio dietro di me e aver trovato, circa un’ora e mezza dopo, una città sul mare dopo aver attraversato l’Adriatico e probabilmente l’Albania e la Grecia del nord senza vederne niente se non le luci. Negli ultimi anni ho viaggiato raramente di notte, in un flashback improvviso mi è tornato in mente il mio atterraggio senza punti di riferimento a Philadelphia una decina di anni fa, quel abbassarsi di quota senza sapere dove si è che però è talmente placido da risultare rilassante. L’aeroporto di Salonicco è proprio sul mare e, se non avessi già sperimentato l’atterraggio in questo genere di aeroporti a Copenhagen anni fa, avrei creduto in un ammaraggio.

Crepuscolo su Comacchio

Il Covid ha vanificato i vantaggi di essere cittadini dell’Unione europea in viaggio all’interno dell’Unione e appena entrati nell’aerostazione è previsto nuovamente il controllo di documenti, plf e green pass e intanto sono passate le 23 e io devo arrivare ai taxi per farmi portare da colei che mi ospita in questi primi giorni di viaggio: Iota, la suocera di uno dei miei vari cugini che anni fa ha venduto la sua casa a Salonicco per comprarne una ad Agia Triada, a pochi passi da uno stabilimento balneare e a circa mezz’ora da Salonicco. Quando la raggiungo Iota mi mette le chiavi della sua vecchia Punto in mano e mi guida per questo nuovo mondo da scoprire. Seguendo i suoi “ordini” non ho cenato e la prima sosta è Nea Epivatis, altra località balneare, per una pita gyros e una birra di quelle che bevi perché ne hai proprio proprio voglia e la cui utilità marginale non si esaurisce se non con l’ultimo sorso.

La figlia di Iota (nonché moglie di mio cugino) ha lasciato precise indicazioni su cosa devo mangiare in questi giorni. La prima sosta del mattino è andata a vuoto perché il locale era chiuso, dobbiamo quindi tornare verso Nei Epivates per mangiare la “bougatsa mezza e mezza” in un bar davanti al molo da cui prenderò il traghetto per Salonicco. La bougatsa è una pasta sfoglia, nella versione salata è farcita di formaggio, in quella dolce di crema e spolverata di zucchero a velo e cannella. Innaffio il tutto con un dissetante tè alla menta e tra una domanda e l’altra sulla vita di Iota che conosco da almeno dieci anni ma della cui vita non so nulla, arriva l’ora di salire sul traghetto.

Bougatsa

Dell’arrivo a Salonicco posso dire poco, un po’ perché a tratti dormivo ma molto perché ero dal lato del traghetto che si affacciava sul mare anziché sulla costa. Scendo al porto e la prima cosa che noto è che i vecchi edifici portuali e della dogana sono stati tutti riqualificati e sono sedi di musei e attività artistiche. Seguendo le indicazioni mi dirigo verso la centrale piazza Aristotelous dove mi munisco di cartina della città e comincio ad esplorare.

Kapani market

Purtroppo venire da Firenze è causa di un continuo raffronto fra la propria città di provenienza e il resto del mondo e la sfida, ahimè, è ardua. Salonicco (o almeno la parte più bassa che ho visto oggi) non è una città da reazioni stendhaliane, la sua architettura non si impone con sfacciata bellezza però ti avvolge con la sua atmosfera rilassata, coi suonatori di bouzouki sotto i portici di piazza Aristotelous e con quel che resta del passato che spunta dal nulla negli angoli più improbabili. Capita così di trovare chiesette bizantine o post bizantine addossate a palazzi contemporanei in un contrasto che non ha niente di controllato o vestigia romane circondate da un ambiente totalmente anacronistico, in una sorta di continuum di quel che questa città è stata: un crocevia di culture. Ed è curioso come nelle ore che ho passato qua non abbia sentito mai aleggiare lo spirito degli dei di cui mi sono impregnata nei giorni precedenti al viaggio. Sto infatti leggendo un libro (In viaggio con gli dei di Giulio Guidorizzi e Silvia Romani) che racconta in maniera divulgativa la Grecia degli antichi dei ed eroi e mi colpisce come in fondo è un po’ come rileggerla perché tante storie fanno parte della mia infanzia (sono cresciuta leggendo due libri delle edizioni Dami dedicate agli dei e agli eroi dell’Olimpo) e degli studi di chiunque viva in un mondo che ha in questa terra le sue radici. Mi piace il modo poetico di spiegare i fenomeni naturali con il mito, mi piace meno Zeus che fosse vissuto oggi sarebbe stato denunciato per violenza un giorno sì e l’altro pure. E mi colpisce come due popoli, quello greco e quello romano, che tanto hanno dato culturalmente al mondo, siano oggi tra i popoli con la visione più retrograda della donna nel mondo cosiddetto occidentale. Non so se è un preconcetto mio ma noto molto gli uomini per le strade, spesso sudati, slavati e mi chiedo dove siano le donne.

Detto questo, dopo aver camminato per ore sotto il sole, da un monumento a un altro, dalla ortodossa Agia Sofia alla Rotonda di epoca romana (forse pensata come mausoleo) e poi usata come chiesa cristiana e moschea al passare delle dominazioni (Salonicco, in greco Thessaloniki, si chiama così in onore di Thessalonikia, figlia di Filippo il macedone e sorellastra di Alessandro Magno, è stata a lungo turca, qui è nato Atatürk il padre della patria turco, ed è tornata greca solo nel 1912) me ne sono tornata verso il mare per due passi in attesa del traghetto.

Rotonda
Rotonda, particolare

Dopo un’ora di navigazione sono sbarcata a Nei Epivates, mi sono fatta una passeggiata sul lungomare per tornare a casa a prendere il costume prima di farmi prendere da Iota per andare a fare un tuffo con le sue amiche. L’acqua era calma e calda, niente a che vedere con le trasparenze di altre zone ma dopo aver camminato per ore ci voleva un ritorno alla leggerezza dell’acqua prima di tornare a casa a gustare un altro ordine della figlia di Iota: gemistà, ossia peperoni ripieni di riso, menta, pinoli, uvetta, carne, bagnati da un bicchiere di retsina, un vino bianco invecchiato in botti con resina.

Per concludere la serata un tuffo negli album di fotografie di Iota, di questa donna che ho conosciuto con la scopa in mano e le pappine per le nipoti e che invece ha una vita di avventure e nuovi inizi da raccontare.

4 pensieri riguardo “Laddove molto è cominciato: scampoli di Grecia/ 1

  1. Interessante questa riflessione, su cui non mi ero mai molto soffermato: come si viaggia e si vede il mondo in maniera diversa in base al luogo di partenza/in cui si vive. Io parto da un paesino in provincia di Novara e non ho il problema dei continui raffronti o se ci sono sono quasi sempre a favore dei luoghi che visito

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    1. In realtà non ci avevo mai riflettuto così molto neanche io, avevo sempre solo notato la mia abitudine di comparare il mare sardo dove ho fatto tutte le mie vacanze da quando sono nata con qualunque altro mare. Mentre camminavo per Salonicco invece mi ha colpito proprio la diversità da Firenze e ho realizzato che se l’avessi guardata con gli stessi occhi che dedico a Firenze non ne avrei colto lo spirito perché sono due cose totalmente diverse.

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      1. Devo dire che anch’io all’inizio uscendo dall’Italia ho faticato ad apprezzare le città moderne, o comunque diverse dalle nostre. Avevo sempre in mente la classica città con il centro storico caratteristico e a misura d’uomo e via via le zone periferiche più recenti. Iniziare a girare il mondo (nel mio caso in realtà solo l’Europa 🙂 ) ti porta a contatto con modelli e storie di città differenti. All’inizio magari si resta delusi, ma poi si inizia a familiarizzare e ad apprezzare ciascuna città per le proprie carattertistiche

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