Oggi avrei dovuto cominciare la mia scalata all’Olimpo, invece ho optato per una giornata rilassata in attesa di buttarmi nelle coincidenze dei bus greci domani quando tenterò di raggiungere Vergina e la tomba di Filippo il Macedone, il padre di Alessandro Magno.
Uno degli aspetti che più mi provoca una brezza di frustrazione quando viaggio è quanto sia difficile capire come vivono le popolazioni di cui visito la terra. In fondo il turismo spesso si riduce a una visita dei luoghi ma non della vita di chi quei luoghi li abita. Per fare un esempio: se vuoi uscire la sera come un fiorentino di certo non vai in piazza Duomo, magari vai in piazza Santo Spirito oppure in estate nella miriade di locali all’aperto appena fuori dal centro. Per contrastare la modalità puramente turistica di viaggiare oggi ho deciso di vivere la vita della pensionata di Agia Triada: andare ad aprire l’appartamento della figlia alla donna delle pulizie che doveva prepararlo per ospiti in arrivo tramite Airbnb, un salto al forno, uno in farmacia, uno dall’amica in attesa di consegnare le chiavi agli ospiti. E nel frattempo, tra un caffè greco e un fico sciroppato attendere fino a decidere di uscire da sola a passeggiare per il mercato settimanale di Perea e poi tornare a piedi da sola ad Agia Triada, seguendo il marciapiede lungo il mare e fermandomi per un tuffo tra famiglie a frescheggiare sotto l’ombra degli alberi sulla spiaggia.



Una giornata senza fretta, una giornata in cui godere della brezza e dell’ombra che rinfresca, in attesa di domani col suo viaggio sempre più vicino alle origini della nostra civiltà, non necessariamente la migliore ma quella in cui inevitabilmente affonda le radici chiunque sia cresciuto affacciato in questo grande lago chiamato Mar Mediterraneo.
Ancora però la giornata non è finita, c’è tempo per l’ennesimo pomeriggio al mare con la gang e un salto a Michaniona per dei loukoumades (pasta fritta condita con miele, cannella e noci tritate) affacciate sul mare di questa città di pescatori da cui, al di là del mare, si scorge in lontananza il Monte Olimpo e se ne percepisce tutto il suo mito.


Io in ogni viaggio che intraprendo, mi chiedo quale sia la vita quotidiana o le abitudini di chi vi abita. Lo immagino e immagino me. Per ogni viaggio vorrei vivere almeno sei mesi in quel paese per conoscere non solo i luoghi, ma la vita che si respira e le persone del luogo. Vestire come loro, mangiare come loro, pensare come loro. Ogni volta che vado in luoghi con abitudini e costumi diversi la cosa che odio di più è sentirmi turista. E la prima cosa è mangiare e bere quello che mangiano loro, cercando di evitare luoghi pagliaccio, come lo chiamo io. Cioè luoghi che scimmiottano luoghi tipici, ma sono piatti locali rivisitati dai turisti. Come quando vai a un ristorante in centro a Firenze e trovi: lasagne, tortellini al ragù, carbonara e amatriciana, oltre alla fiorentina (di dubbia fattezza).
I luoghi in cui si mangia e si beve nel mondo, sono la porta d’entrata alla conoscenza di un luogo. Se sbagli porta diventa tutto fasullo.
Dal cibo e le bevande puoi arrivare a una conoscenza infinta attraverso la sua storia e da dove vengono certi piatti. Perché in oriente si mangia piccante o in Grecia si fa molto uso della foglia di vite? Perché in Italia, la zuppa inglese si chiama così? Perché nelle tagliatelle al cinghiale non ci va il parmigiano, solo perché ci sta male di gusto o forse perché un tempo, il parmigiano lo avevano solo i ricchi o chi abitava in certe zone di produzione?
Fosse per me, durante i viaggi, vivrei solo in casa di autoctoni.
Infatti ho amato i viaggi in cui mi è stato possibile, sia all’estero che in Italia stessa. Auguro a tutti di poter viaggiare cosi. E devo dire che i migliori sono quelli da sola o al massimo in due, ma una persona con cui ti trovi molto bene, altrimenti diventa un incubo.
Un abbraccio Francesca, spero di vederti presto.
P.s. Ti sto leggendo tutta dall’inizio (fino ad ora lo avevo fatto saltando
In qua e in là e ne sono assorta come in un bellissimo libro da cui non vorresti più uscire. Ma poi alla fine ti scriverò meglio tutto quello che penso.♥️
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Carissima Candia,
scusa questa risposta tardiva ma avevo letto subito il commento e ci avevo trovato una certa comunione di pareri. Non so se nella tua lettura di questo mio blog (cosa che mi lusinga e tocca enormemente e di cui ti ringrazio) sei già arrivata al racconto del mio viaggio in Workaway ma in quelle settimane mi sono spesso chiesta se non fosse forse quello l’unico vero modo di viaggiare: parlare con le persone, vedere la loro vita quotidiana per fare un viaggio che non è solo in un paese ma anche in vite altre. Poi certo, l’organizzazione classica del lavoro rende difficoltoso questo modo di viaggiare ma, come te, preferisco sentirmi cittadina dei luoghi che visito piuttosto che turista. E non disdegno affatto farlo da sola.
Un abbraccio e ancora grazie dell’attenzione di leggere e scrivermi ❤
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Carissima Francesca,
non sono ancora arrivata al viaggio Workaway, ma non vedo l’ora di esserci. Perché mi sembra di viverle con te certe tue
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Mi è partita la risposta senza aver finito di scrivere 😅.
Dicevo: e scrivo proprio “di esserci” perché mi sembra proprio di viverle con te certe tue avventure e racconti.
In realtà il workaway è quello che praticamente faccio sempre quando viaggio e vado a trovare amici del luogo😁, ma ancora del tutto sconosciuto non mi sono mai capitati. Eventualmente sconosciuti, ma amici di amici o altro.
A proposito di viaggi e di Creta… lo sai vero cosa significa il mio nome?🤣
Purtroppo per lavoro e ritorno alla routine giornaliera dopo le vacanze, ho dovuto rallentare la lettura. Dovresti pensare di farci un podcast, così potrei ascoltarti mentre lavoro, come faccio spesso con gli audiolibri (ma anche serie televisive su cui non importa per forza avere gli occhi piantati sullo schermo, lo ammetto). A presto.😘
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