Una domanda deve aver attanagliato una buona percentuale di toscani via via che le misure di contenimento del Covid19 andavano facendosi sempre più restrittive: ma si possono andare a raccogliere e frangere le olive anche se non si è coltivatori diretti?
Toscana terra di olio, chi non conosce qualcuno o qualcuno che conosce qualcuno o è esso stesso il qualcuno che ha un campo di ulivi da privare dei loro preziosi frutti? E’ un dato di fatto che tra ottobre e dicembre le campagne si animino di gruppi più o meno giovani, più o meno eterogenei, tutti impegnati nella secolare tradizione che sconfina nel mito.
La raccolta delle olive infatti non è solo semplice raccolta di olive, è un rito. Un rito fatto di tante piccole cose, dal tramandarsi di una tradizione di cui ormai pochi sanno l’origine alle piccole ossessioni della raccolta: il ripetersi continuo di quante cassette si sono riempite, il conteggio di quanti chili dovrebbero essere, quanta sarà la resa, quante sono le foglie rimaste nelle cassette. Verrà il verdone? Sarà pizzichino? Sarà più o meno buono dell’ultimo raccolto? Quando poi si sa già benissimo che per il solo fatto di aver raccolto le olive con le proprie mani sarà per forza buonissimo.
E poi il rito forse più potente: il ritrovarsi insieme intorno agli alberi e iniziare a raccontare.
Il cattivo carattere di Brunelleschi, l’eccessiva sicurezza sul cantiere della cupola, la vita dei figli espatriati al tempo del Covid, la storia dell’avo reclutato nell’esercito napoleonico, gli autunni nel New Hampshire, come andranno a finire le elezioni americane, il bel film che si è visto, come gioca male la Fiorentina, il videogioco basato sulla concept art, la tradizione sarda delle papassine, il lavoro, il mondo della scuola, quella volta che si è scesi dall’albero volando.
Il tutto con leggerezza, con la battuta sempre pronta e il piacere di essere riuniti in un evento che riporta i presenti a un tempo in cui i rapporti erano fatti principalmente di carne e non di schermi.
Fin da quando ero bambina ho amato i pranzi della domenica coi parenti e il gusto per il racconto della mia famiglia.
Non avevamo bisogno di tv, avevamo le storie.