I classici mi fanno un po’ paura quindi li leggo raramente. “I promessi sposi” erano un mio conto in sospeso con il liceo, ho recuperato con circa 15 anni di ritardo.
Non è uno dei libri che ho amato di più in assoluto, trovo che Lucia Mondella sia uno dei personaggi più noiosi in assoluto in cui sia mai incappata e la divina provvidenza pure, ma quello di Manzoni è un romanzo che al netto delle divagazioni religiose mi ha insegnato qualcosa, che mi ha spinto a delle riflessioni e che a tratti è contemporaneo più che mai, che si tratti della caccia agli untori delle prime settimane del lockdown di marzo o della pericolosità del ragionamento di pancia incontrato durante la manzoniana rivolta del pane per cui sull’onda della rabbia (magari anche sacrosanta) ci si rende complici della più efferata barbarie.
In ogni caso “I Promessi Sposi” è uno dei romanzi i cui personaggi o modi di dire si sono infiltrati nella cultura italiana senza più lasciarla: dopotutto chi non ha mai infilato un “Azzeccagarbugli”, un “verrà un giorno” o un “la sventurata rispose” per dirne alcuni, in conversazioni che con la letteratura nulla avevano a che fare?
Consigliato per chi riesce a cogliere le perle in mezzo a un po’ di noia.