Nelson Mandela giurò come presidente il 10 maggio del 1994. Il giuramento avvenne a Pretoria, la capitale amministrativa del paese, situata circa 60 chilometri a nord di Johannesburg.
Lo stesso giorno a Johannesburg si teneva la prima edizione del Nelson Mandela Challenge, una competizione calcistica a invito in cui il Sud Africa gioca una gara secca contro un’altra nazionale invitata. La prima edizione vide il Sud Africa scontrarsi con lo Zambia nello stadio di Ellis Park. Tra i 60 000 spettatori di quella partita c’eravamo anche mio padre ed io.
La particolarità di quella partita non fu tanto la partita in sé quanto che le voci che circolavano prima della partita si rivelarono fondate quando durante l’intervallo fu allestito un piccolo box con microfono per permettere al neo presidente Nelson Mandela di parlare. Mandela fu breve, salutò, comunicò che il suo primo provvedimento come presidente aveva previsto la nomina del Ministro per lo Sport e spronò la nazionale sudafricana a fare di meglio dopo lo 0-0 del primo tempo. Incitamento che si rivelò senza dubbio efficace poiché la partita finì con una vittoria sudafricana per 2 a 1.
Racconto della partita non per questioni sportive ma perché un episodio a latere aiuta a capire il clima in cui si trovò ad operare Mandela. Il 10 maggio si cantò per la prima volta il nuovo inno sudafricano che, nell’opera riconciliatrice di Mandela, doveva abbracciare le varie anime del paese. In un paese che contava (e conta ancora) undici lingue ufficiali e ferite ancora aperte legate all’apartheid non era compito facile. In maniera molto pragmatica fu deciso di unire l’inno simbolo del movimento anti-apartheid Nkosi Silkelel’ iAfrika (cantato in Xhosa, Zulu e Sesotho) con il vecchio Die Stem (cantato in Afrikaans e Inglese) diventato simbolo di oppressione per cercare di non far sentire tagliato fuori nessuno, né i neri che speravano in un futuro diverso dopo anni di oppressione, né i bianchi che temevano ritorsioni e un paese in cui per loro non ci sarebbe stato più posto.
Quel 10 maggio la banda suonò il nuovo inno per intero. Il pubblico però, a grandissima maggioranza nera, cantò solo Nkosi Silkelel’ iAfrika. Quando la banda finì Mandela si fece ridare il microfono per rivolgersi al pubblico: “La banda ha suonato tutto l’inno, dovete cantarlo tutto.” disse. Mandela era ovviamente perfettamente conscio di quanto i neri odiassero l’afrikaans, per altro con delle motivate ragioni*, però era anche conscio che per progredire in una direzione unitaria era necessario fare dei passi verso i vecchi avversari. Di questo episodio, devo ammettere, ricordo poco, i particolari me li ha raccontati mio padre, dopotutto avevo solo 8 anni e a quell’età è più emozionante trovarsi in uno stadio gremito per una partita di calcio che per i risvolti politici di un discorso del Presidente.

– Perché mai, mamma?
– Non saprei, mi sfugge.
– Anche a me.
(Il rugby e il cricket erano gli sport dei bianchi, il calcio dei neri)
Quella non fu l’unica partita a cui assistetti: 12 giorni dopo nello stesso stadio si giocò una partita valida per lo United Bank International Soccer Festival, un torneo pre stagionale in cui si affrontarono sia squadre sudafricane sia squadre inglesi. Io ebbi l’onore di vedere il Liverpool battere per 2 a 1 l’Aston Villa. Di quella partita non ricordo molto altro se non i piedi freddi mentre con mio babbo tornavamo a casa a piedi e il pediluvio che ci facemmo appena rientrati. Era maggio, l’inverno stava arrivando.
*Nel 1976 il governo sudafricano impose l’utilizzo dell’afrikaans come lingua paritetica all’inglese nelle scuole per neri. La maggioranza dei neri, oltre alla propria lingua, parlava solo l’inglese quindi vide questa imposizione come un modo per tagliarli fuori dall’istruzione.