Non ho mai realmente riflettuto su quanto le difficoltà linguistiche possano creare frustrazione e incomprensione in chi le subisce finché qualche mese fa non sono andata a rifare il passaporto in Questura e ho visto quanto fosse difficile per i vari stranieri in coda per permessi di ogni genere riuscire a districarsi anche solo nella fila. Eppure anche io da bambina avevo sperimentato le difficoltà delle incomprensioni linguistiche.
Quando arrivai in Sud Africa non parlavo una sola parola di inglese, era molto frustrante non riuscire a farmi capire. Due episodi mi sono rimasti impressi: il primo avvenne nei primi giorni di scuola, non avevo amici e non avevo nessuna voglia di andare a giocare da sola nel campo/parco giochi sul retro, mi misi quindi a sedere su un muricciolo che delimitava lo spiazzo di fronte alla scuola. Arrivò un prefect* a dirmi che non potevo aspettare lì e che dovevo per forza andare sul retro. Ovviamente il clash linguistico fu enorme e io tornai a casa il pomeriggio molto infastidita dal non esser riuscita a far capire tutte le mie difficoltà al ragazzo.
Il secondo episodio ha una data precisa: 5 febbraio 1994. Me lo ricordo non tanto perché il trauma è stato tale da fissarmi la data in eterno nella memoria ma semplicemente perché era il compleanno di mia sorella e volevo condividere la notizia con la mia maestra Mrs Chamberlain. Non sapevo però come si dicesse sorella in inglese. Provai in tutti i modi a farmi capire nelle poche parole che avevo imparato in quel primo mese ma non c’era verso. La questione fu risolta solo dalla maestra di un’altra classe che fortunatamente era di origine italiana e poté tradurre la mia gioia per l’evento in inglese. Mrs Chamberlain peraltro non parve neanche particolarmente colpita dalla notizia con mia estrema delusione.
Per aiutarmi a familiarizzare con l’inglese Mrs Chamberlain mi accoppiò con Linda, una bambina nera di cui non ricordo molto se non che conosceva forse giusto due parole di inglese in più di me. A posteriori forse non era il modo più saggio per imparare la lingua mettere insieme due persone che non la conoscevano però Linda abitava vicino a casa mia e provammo a fare amicizia.
Difficoltà di comunicazione a parte però non facemmo proprio click. I nostri universi erano davvero troppo lontani per provare a trovare un punto di incontro. In casa sua il televisore era perennemente acceso, il programma di punta era Days of our lives (agli appassionati di Friends suonerà familiare poiché è la soap opera in cui Joey impersona il dottor Drake Ramoray) e soprattutto la sua merenda era a base di pane in cassetta, peanut butter e marmellata di albicocche. Per me, giovane italiana, era troppo!
Ho citato due sciocchezze ma non avevamo davvero niente da spartire. Una volta acquisita dimestichezza con l’inglese infatti diventai amica di Carolien. Carolien aveva la mia età e una sorella di un anno più grande, Susan, che diventò mia compagna di classe quando a metà anno scolastico passai in standard 1. I loro genitori, Mimi e Ferdi, erano degli afrikaner di stampo comunista che si erano battuti contro l’apartheid. Ferdi era un giornalista sportivo e in casa loro c’erano addirittura dei vinili di Bruce Springsteen. Abitavano a poche centinaia di metri da casa nostra e quando mio padre è tornato in Sud Africa per lavoro un paio di anni fa non si è fatto scappare l’occasione di andare a trovarli. Mimi e Ferdi sono diventati i nostri amici sudafricani, quelli con cui stavamo programmando una vacanza insieme nel febbraio del 1997, la vacanza che mai facemmo perché, a parte mio padre, noi non tornammo più a vivere lì.
Sempre a scuola conobbi poi Jenny, di famiglia scozzese e molto severa. Infine feci amicizia con Jasmin che abitava di fronte a me, anche se frequentava un’altra scuola. Nel giardino di Jasmin arrostii i miei primi marshmallows e catturai le mie prime (e uniche) formiche volanti da mangiare in padella. Mi portò sul Land Rover del padre e nel circuito di go-kart fuori Johannesburg; mi fece vedere di nascosto i “Playboy” del patrigno e rise fino alle lacrime con me sul libriccino che spiegava come nascessero i bambini. Io che ero cresciuta giocando solo con maschi, in Jasmin trovai la mia prima amica femmina.

* i prefect erano quei ragazzi più grandi, di standard 4 e 5, scelti fra gli studenti migliori per rendimento e comportamento che avevano il compito di mantenere la disciplina in assenza degli insegnanti, un altro aspetto della scuola inglese familiare ai lettori di Harry Potter.