Zona rossa. Ennesimo ritorno dai genitori e a una situazione in cui non ridursi a un vegetale solitario sul divano. Un anno fa era stato un rientro che mi ricordava che si poteva ancora essere felici, questa volta, così come nel caso del rosso pre e post natalizio, è il perdurare di una situazione che ha reso lo sguardo al futuro un guazzabuglio informe e nebuloso in cui forse è meglio neanche guardare.

Quest’anno ci ha tolto proprio questo: qualcosa a cui guardare con attesa, con paura, con speranza ma almeno con qualcosa che somigli alla certezza. Quest’anno è un continuo galleggiare immobile in cui non parliamo più di altro se non di Covid e vaccini. È il nostro presente, è l’unico futuro che riusciamo a vedere.

E invece quanto avremmo bisogno di un nuovo sguardo sulle cose, quanto avremmo bisogno di leggere d’altro, di vedere altro, di tornare a una dimensione umana in cui gli altri sono solo altri, non vettori di contagio o sfogatoi della nostra personale e magari anche lecita frustrazione.

Vorrei tornare a vivere fuori dalla mia testa. Vorrei passeggiare per il piacere di farlo e non come cura. Vorrei non dovermi ricordare del privilegio di poterlo fare nel verde isolato in prossimità di casa a ogni passo.

Sono un po’ stanca.

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