Un ricordo sopraggiunto quasi dal nulla è quello che mi vedeva andare dalla mia amica Jenny e ogni volta a un certo punto partivo con la domanda: “Can we listen to Hey Jude please?”. Jenny aveva messo il vinile che la conteneva una delle prime volte che ero stata da lei e ne ero rimasta letteralmente folgorata. Erano altri tempi, niente Youtube, niente Spotify, mio babbo comprava più cd di musica locale che di musica che aveva abbondantemente ascoltato in passato, dunque casa di Jenny era l’unico posto in cui potevo godermi i Beatles senza peraltro sapere ancora niente della loro grandezza. I coniugi Sandham però erano molto severi e non sempre ci lasciavano accedere al vinile.
Al di là di “Hey Jude” gli anni sudafricani sono per me gli anni in cui dalle sigle dei cartoni animati passai all’ascolto della musica “da grandi”. Ho già raccontato della scoperta dei Blues Brothers prima e di Bruce Springsteen poi ma per quanto siano stati i miei ascolti principali (al limite dell’ossessivo) per anni, non sono stati gli unici. L’unica che riuscì a scalzarli dal mio ascolto in blocco per sostituirli con un altro ascolto in blocco fu Tina Turner.
Il primo incontro che ebbi con Tina Turner fu a scuola un giorno in cui eravamo nella stanzina della televisione. Sullo schermo passavano delle immagini di lei sudatissima in concerto e in abito molto succinto. Per non ho idea quale motivo dichiarai con sicurezza che Tina Turner altri non era se non Micheal Jackson dopo aver aver fatto un’operazione di cambio sesso. Il secondo incontro che ebbi con Tina Turner fu poco dopo quando il suo tour la portò proprio in Sud Africa. Mi ci introdusse la mia amica e dirimpettaia Jasmin che prima mi fece morire di invidia dichiarandomi che sarebbe andata al concerto di Johannesburg col padre e poi mi prestò la cassetta dell’album Foreign Affairs che copiai e consumai.
Ricordo nitidamente il giorno della prima delle due date. Sperai fino all’ultimo in una sorpresa dei miei genitori ma i biglietti erano andati sold out da mesi e sospetto che anche volendo non ci sarebbe stato modo di portarmici. Passai la sera un po’ immalinconita cercando di captare i suoni provenienti dal vicino stadio dell’atletica in cui si teneva il concerto. Ad un certo punto decisi di andare nel punto più vicino allo stadio della casa ossia il bagno. Le finestre erano alte e per avvicinarmi ancora di più salii in piedi sulla vasca. Da lì ascoltai “The best”, poi ritenendo la qualità dell’audio più frustrante che altro me ne tornai in camera. Fortunatamente la SABC (South African Broadcasting System, la Rai sudafricana) qualche mese dopo mandò in onda il concerto quasi completo che non solo guardai ma anche registrai in vhs per infinite successive visioni.
Tina Turner non fu l’unica artista straniera a riaprire la stagione dei grossi concerti di artisti stranieri che ricomparvero dopo la fine dell’apartheid. Nei tre anni che trascorsi in Sudafrica passarono da Johannesburg anche i Rolling Stones e i Bon Jovi ma di quei concerti mi rimasero più impresse l’esaltazione di Debbie (la mamma di Jasmine) che finalmente poté coronare il suo sogno di vedere Mick Jagger dal vivo e la giacca leopardata di Jon Bon Jovi che altro.
Un altro evento per me significativo fu la trasmissione di un “riassunto” della cerimonia della Rock and Roll Hall of Fame che si tenne a Cleveland nel settembre del 1995. In Sud Africa fu trasmessa sulla tv privata Mnet ma Mimi e Ferdi me la registrarono. Ai tempi non c’era modo di recuperare le canzoni se non scoprendo tramite i miei genitori in quali album si trovassero o guardarmi a ripetizione la videocassetta. La soluzione più semplice fu la seconda e quella registrazione fu il mio vero battesimo rock ‘n roll: Bruce Springsteen, Chuck Berry, Animals, Aretha Franklin, Booker T and the Mg’s, Allman Brothers, Bob Dylan, John Fogerty, Iggy Pop, Pretenders, Lou Reed, Kinks, era una sorta di paradiso del rock ‘n roll in cui pescare a piene mani e che capii pienamente solo anni dopo.
A parte queste esperienze fondamentali per il mio personale rapporto con la musica, una volta aggiustato il lettore cd mio padre comunque si era dedicato anche all’acquisto di cd da ascoltare oltre a quelli che già possedeva del Boss. Per un motivo che all’epoca non capii ma ora sì, comprò pochissima musica della sua gioventù (Bob Dylan a parte) dedicandosi invece a scoprire suoni nuovi, principalmente locali e che a me piacevano poco. Ci infilò anche un London Calling dei Clash ma principalmente la nostra discografia si arricchì di varie compilation e artisti africani.
Già all’epoca ero abbastanza aperta a canzoni di generi diversi, un po’ meno all’ascolto in blocco, ma pagherei per aver conservato (o sapere dove ho conservato) almeno una delle infinite mix tape che cominciai a fare intorno ai 9 anni. Quello che posso fare invece è una selezione di canzoni che per me sono indissolubilmente legate a quegli anni, di alcune delle quali non ho mai posseduto supporti.
Canzoni legate al paese
Sipho Mabuse – Jive Soweto: Se non ricordo male lo scoprimmo a un concerto in un parco, da allora Jive Soweto è LA canzone. Soweto è la Township sudafricana per antonomasia, jive un invito a ballare, cosa che non si può non fare già dalle prime note.
Bayete – Ungayingeni: mio babbo amava molto Bayete, io un po’ meno, mi portò anche a un concerto in un locale del centro di Johannesburg una sera infrasettimanale. A questo punto i pareri divergono: io ricordo che mi stava piacendo, lui che invece mi stavo addormentando. Sicuramente tornammo a casa e l’unico ricordo veramente nitido che ho di quel ricordo è la pozza di sudore immensa sotto il sassofonista.
Ladysmith Black Mambazo – Shosholoza: l’inno non ufficiale del Sud Africa. Un po’ come qua se c’è una chitarra e voglia di cantare parte una Canzone del sole, lì bastavano persone vogliose di cantare e rimarcare chi fossero per far partire una Shosholoza.
Ladysmith Black Mambazo – Nkosi Sikelel’: l’inno sudafricano
Miriam Makeba – The click song: inutile contare le volte che ho provato a riprodurre il suono del click, proprio quello che la Makeba nell’introduzione dice che i bianchi non sanno pronunciare
Johnny Clegg and Savuka – These Days: dove I suoni del rock più familiari si mescolano con quelli dell’Africa.
Johnny Clegg and Savuka – The Crossing: Johnny Clegg merita due canzoni perché These Days è sempre stata la mia preferita ma The Crossing è quella che non può non dire Sud Africa.
Canzoni legate al periodo
Blues Brothers – She caught the Katy
Bruce Springsteen – Tougher than the rest
Tina Turner – Whatever you want: le canzoni sarebbero molte di più ma ho scelto questa perché è quella con cui si aprì il concerto
Youssou N’Dour e Neneh Cherry – 7 Seconds
The Clash – London Calling: uno dei pochi album non autoctoni che mio padre comprò in quegli anni. Non avevo idea di cosa stessi cantando ma sicuramente una sera con la mia amica Jasmine ci mettemmo una mazza da cricket a testa a tracolla e facemmo un piccolo spettacolo sulle note di London calling davanti ai miei genitori
Jimi Hendrix – All along the watchtower: era la prima traccia di un greatest hits, non ritenni di dover ascoltare molto di più, questa aveva il repeat automatico
Bob Dylan – Rainy day women #12 & 35: mio padre era un grande fan, io trovavo la voce un po’ belante, questa però mi piaceva
Rolling Stones – Midnight Rambler: curioso come a una bambina di 9-10 anni, di tutta la produzione dei Rolling Stones piacesse proprio questa
The Pretenders – The needle and the damage done: sentita nel concerto della Rock ‘n roll hall of fame, l’assolo rimase fra I miei preferiti e più efficaci di sempre
Bon Jovi – Keep the faith: una delle rare canzoni che passavano in tv
Take That – Back for good: Quando nell’estate del 1995 tornai in Italia per le vacanze, tutte le ragazzine della lottizzazione di Stintino avevano dei pendoli con la doppia T di Take That e si struggevano al pensiero di Gary, Robbie, Mark etc. Io caddi dalle nuvole. Quando rientrai a Johannesburg però questa canzone passo in tv più di una volta.
Gianna Nannini – Bomboloni: Nel fine settimana su SABC3 andava in onda un programma di un’ora che si chiamava “Canale Italia”. Nel 1995 Gianna Nannini pubblicò una raccolta di successi con alcuni inediti, “Bomboloni” è quello che le sentii cantare.
Eugenio Finardi – Musica Ribelle: a parte i due cd di Springsteen i miei genitori possedevano varie cassette de L’Italia del Rock che uscivano con la Repubblica. In una di quelle c’era una canzone che mia mamma amava molto e che mi folgorò al primo ascolto.
Micheal Jackson – Bad: gli ascolti di Jasmin erano un po’ più commerciali dei miei, questa era l’unica canzone dell’omonimo album (che lei possedeva rigorosamente in cassetta) che mi piaceva
Haddaway – What is love: questa la apprezzai davvero solo quando anni dopo mi aprii alla disco ma anche questa faceva parte della collezione di Jasmin.
The Cranberries – Zombie: prima di scoprire di non sapere niente dei Take That all’arrivo in Sardegna, passai da Scandicci dove i miei cugini passavano i pomeriggi andando sui loro rollerblade in piazzale cantando una canzone che alle orecchie suonava più o meno così: “Bi yo eeeee bi yo eeee TZAAAAMBI TZAAAAAMBI TZAAA MBEEE EEEE EEE EEE EEEE”
Canzoni internazionali di una certa rilevanza che negli anni ’80 iniziarono a dire che l’apartheid non era gradita
Eddy Grant – Gimme hope Jo’anna
The Specials – Nelson Mandela
Artists against apartheid – Sun City
U2 – Silver and gold
Peter Gabriel – Biko