Sono mesi che scrivo di album e non ho mai fatto alcun cenno a uno dei gruppi fondamentali nella mia educazione musicale e, soprattutto, nella mia crescita personale: gli Afterhours. Scoperti a 17 anni, è stato nei testi di Manuel Agnelli che ho trovato non solo le parole che cercavo per definire i miei stati d’animo ma anche e soprattutto il coraggio per iniziare a scrivere di me in italiano anziché in inglese.
Decidere di quale album parlare è particolarmente difficile visti quanti me ne piacciono ma ho optato per Hai paura del buio? non perché sia quello di cui riesco a dire con sicurezza che sia il mio preferito ma perché è quello che contiene il maggior numero di canzoni a cui sono particolarmente legata.
Hai paura del buio? esce nel 1997, è il secondo album in italiano del gruppo e la prima parola pronunciata è una bestemmia. Da lì le canzoni sono un flusso ininterrotto di coscienza, dolori, amori, rabbia, ironia e qualunque cosa piaccia agli Afterhours. E’ un disco di canzoni con melodie, arrangiamenti e parole mai banali ma qua e là spuntano brani più sperimentali che sembrano quasi degli ospiti. Contiene la Smells like teen spirit italiana (Male di miele) ma anche una ballata rock malinconica come Pelle, il minuto e quaranta urlato di Dea e la culla ai dolori di tutti gli alternativi d’altri tempi Voglio una pelle splendida. Ma più o meno ogni canzone sarebbe degna di menzione.
Insomma, non è un caso che Hai paura del buio? sia considerato il capolavoro degli Afterhours. Hanno scritto altri album memorabili, altre canzoni che almeno per me rimangono tra le migliori della musica italiana, ma in questo disco ce n’è una quantità tale che è un album imprescindibile nella storia del rock italiano.
Consigliato per davvero non lo avete mai ascoltato?
Canzoni preferite: Rapace, Elymania, Pelle, Voglio una pelle splendida, Dea, Veleno
Come ti capisco….pure per me questo album rappresenta una sorta di “elevamento a potenza”, dove ha trovato una sua collocazione una mia intera massa di sentimenti indefiniti che non riuscivo a collocare altrove…quelle modo di cantare urlato e quello stridore di strumenti così lontano dai soliti refrain, scuote qualcosa di importante dentro. Chapeau a chi lo coglie.
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Sono d’accordo ma ho visto che è una sensazione abbastanza comune al punto da farmi pensare che rientri tra gli album che hanno segnato almeno una generazione, un po’ come fu “Nevermind” all’epoca
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