E così ieri sera è arrivata mia sorella e con lei un inaspettato temporale che ci ha regalato un risveglio grigio e decisamente rinfrescato. Dopo colazione ci siamo fatte entrambe un test rapido per il Covid, lei perché era richiesto dagli sposi, io dopo il rientro in bus di due sere fa. Poi, quando ci ha raggiunte una delle amiche di Iota, siamo partite alla volta di Vourvouru nella regione della Calcidica. Per capirci, nella parte nord orientale della Grecia ci sono tre lingue di terra ravvicinate che sembrano tre dita, Vourvouru sta nella seconda. Nella terza, di fronte a Vourvouru sta il monte Athos coi suoi monasteri ai quali è proibito l’accesso da parte delle donne.

Risveglio autunnale

Il tempo è inclemente ma forse non è del tutto un male visto che l’auto che sto guidando non è munita di aria condizionata. Lungo la strada una serie di scheletri di cemento si alterna a distese di ulivi precisi e curati. Le due amiche chiacchierano sui sedili posteriori, io mi godo la sorella. Approfitto dei sui studi in scienze politiche, in particolare sull’Unione Europea, per farmi spiegare la questione del cambio di nome della Macedonia in Macedonia del nord e di tutte le rivendicazioni di questi territori vicini sui natali dati ad Alessandro Magno. Ogni tanto Iota ci racconta qualcosa, ad esempio che l’aeroporto di Salonicco è stato recentemente rinnovato da dei tedeschi (immagino una società tedesca) che ne vuole fare un ponte tra Oriente e Occidente, riportando Salonicco al ruolo che ha avuto durante tutta la sua storia. Dopotutto fino al 1912 questa terra faceva parte dell’impero ottomano e di quell’impero conserva ancora i profumi. Quando nel tardo pomeriggio ci rimettiamo in macchina, ogni tanto Iota mi dice che prossima volta che vengo devo andare in una serie di posti che mi ci vorrebbero mesi di tempo. Quello che mi colpisce è quando mi dice che devo assolutamente andare a Costantinopoli che da qui è vicinissima. Al che le chiedo se quindi loro Istanbul la chiamano ancora Costantinopoli. Lei mi risponde quasi sconcertata che sì, Costantinopoli si chiama Costantinopoli, non Istanbul, l’ha fondata Costantino. La sua amica mi dice anche che Istanbul vuol dire “in città” e allora immagino che la frase corretta potrebbe essere “instambul Costantinopoli”, nella città di Costantinopoli. Ma questo avviene al ritorno.

In andata il cielo è grigio e cade anche qualche goccia di pioggia, quando arriviamo a Vourvouru la mia delusione per il meteo è amplificata dalla notizia che Dionisi, il genero di Iota, aveva anche sistemato il gommone per portarci un po’ in giro ma il tempo è brutto e il mare va rispettato. Io comunque un bagno prima di pranzo me lo faccio.

Appena arrivate la figlia di Iota ci rifocilla con acqua, caffè, una sorta di bombolone e fette biscottate con una specie di marmellata di uva. Ci spiega che è uva santa. Il 6 di agosto si celebra la metamorfosi di Cristo e in chiesa viene donata questa uva santa, Dionisi è stato in chiesa e l’ha presa ma poiché non la mangia, lei l’ha trasformata in una marmellata che ha lo stesso sapore della schiacciata con l’uva che compare sulle tavole fiorentine nel periodo della vendemmia.

Il pranzo è una sorta di banchetto e mi immagino mia sorella che a cena dovrà bissare. Prima di sederci si parte con un piccolo aperitivo, formaggio fritto, formaggio, acciughe sott’olio, e tsipouro, un distillato di vinaccia tipico di alcune zone della Grecia tra cui la Macedonia e Creta. Poi arriva l’apoteosi: delle melanzane al forno con carne macinata e besciamella, gemistà, delle piccole salsicce (loukanika), patate al forno, tzatziki, feta, insalata, peperoni che realizzo guardando la foto mi sono persa. E per finire il dolce: una sorta di incrocio fra una cheesecake e un tiramisù. Se c’è una cosa che ho capito in questa settimana è che ai greci piace mangiare. Stessa faccia stessa razza insomma.

Pranzo luculliano per gli ospiti

Nel frattempo il cielo si è aperto e dopo pranzo con mia sorella decido di farmi di nuovo i due passi verso il mare e provare a sfatare il mito del bagno dopo tre ore dai pasti. Col sole sembra un’altra spiaggia, sembra quasi di essere in un lago tanto è circolare la baia. Dietro la spiaggia si innalzano colline ricoperte di pini verdi che contribuiscono ulteriormente a dare l’idea di essere più in montagna che al mare se non fosse che l’acqua è in effetti molto calda.

Torniamo al fresco della veranda per le ultime chiacchiere mentre lei si prepara per il matrimonio dell’amica. Quando passano a prenderla ci salutiamo sperando di riuscire a vederci a Natale. Poi i saluti a tutti gli altri e di nuovo in viaggio verso Agia Triada, un’ora e mezzo a guardare il sole calare su questa terra verde e rigogliosa, il mare che ogni tanto si intravedeva uno specchio d’acqua dorata sotto la luce del tramonto.

E poi a casa la sistemazione della valigia, una cena rapida a base di avanzi (anche qui ho dimenticato il nome ma sono melanzane con aglio e cipolla) e ora scrivo prima di dormire che domani ho la sveglia all’alba. Alle 9.15 ho il treno per Atene e da Agia Triada, considerando che domani è giorno di mercato, bisogna calcolare circa due ore di bus per arrivare alla stazione per essere tranquilla. Da lì mi aspettano altre quattro ore e qualcosa per vedere il paesaggio che cambia e prepararmi a vedere le foto dei miei libri di storia prendere vita.

Sono stata a lungo indecisa se partire o meno, dopo la prima settimana la risposta è che sì, dovevo partire, senza dubbio.

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