Di Atene avevo ricevuto pareri piuttosto delusi, due rovine e poco più mi avevano detto. E ok, se arrivi da città che sono musei a cielo aperto in effetti Atene non può colpirti per la bellezza della sua architettura. Richiede un po’ di immaginazione ricostruirne l’antica grandezza ma quel che c’è basta per farsi un’idea delle dimensioni e del fasto di quel che oggi si presenta come un rudere. Nessuno però mi aveva parlato dell’atmosfera di Atene, delle piazze che compaiono all’improvviso e invitano a fermarsi e, se hai compagnia, fare due chiacchiere. Un po’ mi sarebbe piaciuto aver conosciuto qualcuno tra ieri e oggi con cui condividere la giornata ma non ci sono state grandi occasioni e forse soprattutto non sono il tipo.
Stamattina, dopo la colazione, ho cominciato con lo stadio panatenaico, una ricostruzione fine ottocentesca promossa da Pierre de Coubertain di un antico stadio greco che, ho scoperto grazie all’audioguida, si chiama così perché lo stadio era l’unità di misura che indicava la lunghezza sulla quale si svolgevano le corse e corrisponde a circa 110 metri. Il marmo bianco dà alla costruzione una sensazione di forte imponenza e quando si arriva a calcarne la pista diventa difficile trattenersi dal fare una corsetta e immaginandosi gli spalti gremiti che hanno, tra le altre cose, accolto le prime Olimpiadi moderne. Seguendo il percorso dell’audioguida si giunge anche a una piccola mostra con qualche foto d’epoca e i manifesti di tutte le edizioni delle Olimpiadi moderne.

Uscita dallo stadio attraverso i giardini nazionali alla ricerca di ombra prima di dirigermi all’antica agorà. Se c’è una cosa che mi colpisce di Atene è la grande quantità di alberi che spuntano qua e là a dare refrigerio. In tutte le sedi museali visitabili con il biglietto cumulativo comprensivo dell’Acropoli, inoltre, sono presenti fontanelli con cui riempire le borracce e gettarsi dell’acqua addosso. L’atmosfera della città è talmente vivace che il fatto che quello che viene chiamato flea market, mercato delle pulci, sia più che altro riempito di negozi di souvenir tutti uguali stride ma non infastidisce anche se sarei curiosa di sapere cosa ci fosse prima che fosse trasformato in un accalappia turisti.

Entro nell’antica agorà e mi perdo tra le antichità cercando di immaginare cosa potesse essere 2500 anni fa.





Col mio biglietto mi fermo anche alla biblioteca di Adriano poi il caldo e la fame mi spingono a cercare soluzioni. Mentre torno verso l’Acropoli trovo un locale che fa smoothies con yogurt greco e frutta. Non è particolarmente caratteristico ma ho troppa voglia di qualcosa di fresco. Lo trovo un po’ costoso ma la gioia che mi dà succhiare con la cannuccia questa frescura è impagabile.
Quando finisco proseguo per il museo dell’Acropoli che in occasione della luna piena è a ingresso gratuito. Le stanze sono luminose e affollate ma la sensazione è che sia troppo ormai, sono stanca e mi fanno male i piedi, voglio solo tornare in ostello a preparare le mie cose per la partenza prima dell’alba domani. Speravo di trovare la stanza vuota per liberarmi della terribile mascherina ma c’è già una ragazza e dopo poco veniamo raggiunte da una terza. Penso di essere l’unica che la indossa, pure di notte, ma come si dice in Toscana “aver paura è meglio che buscarne”.
Ora sto cercando la forza di farmi una doccia e uscire di nuovo, mangiare qualcosa e attendere l’arrivo di domani e la prossima tappa di questo viaggio tra diverse anime della Grecia.