Più la partenza si avvicina e più lo spettro delle incombenze che ritroverò a Firenze si fanno sentire. Per ora la giornata è cominciata già col piede sbagliato poiché l’albergo che ho prenotato a Santorini prevede il trasferimento gratuito da e per porti e aeroporti solo per permanenze di almeno tre notti, altrimenti costa 25 euro a tratta. Trovo ciò profondamente scorretto poiché sul sito di Hostelworld con cui ho prenotato si faceva riferimento all’assenza di trasferimento solo per permanenze di una notte. La voglia sarebbe chiaramente di cancellare la prenotazione e trovare un’altra sistemazione ma Santorini è per me un’isola sconosciuta per capire i trasferimenti e i prezzi sono fuori dal budget che mi sono data. Però la questione dovrà aspettare la sera perché ora bisogna cominciare con la spola fra la casa a Kastro e il porto perché in macchina non ci entriamo tutti e oggi è prevista una gita in barca coi francesi che son venuti a mangiare il dolce ieri sera.

Per questioni di peso e sovrappiù numerico i bambini vengono mandati in gommone coi francesi, anche loro innamorati di Sikinos e proprietari di una casa qui da dieci anni. Noi adulti invece saliamo sulla piccola barca di mio zio. Costeggiamo la aspra Sikinos per un tempo che non saprei quantificare fino ad arrivare a una piccola baia appena prima di una punta dietro la quale suppongo si possa vedere Folegandros. Tra l’altro oggi l’aria è finalmente tersa e si scorgono benissimo anche Santorini e Naxos che nei giorni passati erano state avvolte dalla foschia. Dalla barca l’entità dei terrazzamenti e di quanto siano difficilmente accessibili certe cappelle è ancora più evidente.

La baia di Kala è rocciosa, gettiamo l’ancora il più vicino a riva possibile e tenendo le mani in alto per non bagnare il prezioso carico, portiamo zaini e borse frigo a terra.

La cosa che mi stupisce di questo gruppo di vacanza è la quantità di storie o aneddoti da raccontare continuamente, le esperienze da scambiarsi. Le camminate in Nepal, il woofing in Irlanda, lo svuotamento di Parigi post covid, la pesca in Giappone, c’è sempre qualcosa da imparare. E intanto che il sole gira cambia la luce sull’acqua. Quando vado a fare il bagno dopo pranzo l’acqua rilascia un colore intenso di turchese e verde mescolati che uscire dall’acqua è un volersi male però dobbiamo andare, la bimba di un anno di mio cugino è rimasta coi nonni e non vorrebbe gravarli troppo a lungo, i miei zii sono qui da fine giugno e da circa metà luglio è stato un continuo via vai di persone. Nipoti, figli, amici, è un continuo movimento qua e tutti devono collaborare. Io sono andata via con la moglie di mio cugino, per fare più in fretta ci ha accompagnati Raphael, scultore francese innamorato di Sikinos, col suo gommone. La moglie è un’insegnante e per ora sono di stanza ad Atene dove insegna alla scuola francese.

Con la moglie di mio cugino ci fermiamo al market di Flora al porto. Da quel che ho capito Flora è un’istituzione dell’isola, se hai bisogno di una stanza chiedi a lei, se il benzinaio è chiuso chiama lei che lo fa aprire al figlio, se hai bisogno di qualunque articolo che si può trovare sull’isola probabilmente è a lei che bisogna rivolgersi. Poi faccio il mio primo giro di taxi. Torno al porto per aspettare il resto della ciurma in arrivo con calma. Faccio un bagno in un’acqua che scivola sul corpo come velluto e nonostante abbia dimenticato gli occhialini in barca, riesco a vedere tantissimi pesciolini sul fondo.

Appena vedo il gommone in lontananza mi butto per un secondo rapido bagno. Porto su il primo carico e ritorno ad aspettare il secondo. Che però non arriva. A un certo punto mandano un messaggio per dire che si sono fermati a pescare davanti al porto ma non danno indicazioni sulle tempistiche. Un po’ aspetto, poi il sole inizia a nascondersi dietro le tante alture di quest’isola vulcanica e decido di tornare a casa a fare una doccia. Sulla strada trovo un padre con due bambini che fa l’autostop. Sikinos è talmente fuori dal tempo, sembra di essere talmente tanto in una comunità chiusa, una piccola famiglia, che mi fermo e li porto a Kastro. Parliamo un po’, sono francesi arrivati da Creta. Ci piace l’atmosfera dell’isola, rilassata, che ti ricarica da un mondo in cui andiamo veloce ma poi non sappiamo dove andare. Anche con lui parlo francese. Il mio francese è peggiore di quanto non mi ricordassi (e sperassi) però considerando quanto poco lo usi in realtà è una soddisfazione provare a parlarlo e riuscire a tenere una conversazione in una lingua che a me da sempre piace. Tra l’altro credo di non essermi mai buttata così, con così tanto disinteresse per quanto potesse essere imperfetto. L’importante era parlarlo, se qualche volta mi impappinavo o mi mancava una parola pace.
Mi faccio la doccia con la figlia di quasi sei anni degli amici di mio cugino che mi parla dalla finestra. Esco dalla doccia e subito entrano in casa prima lei e poi il figlio suo coetaneo dei francesi. Ci tengono a farmi sapere a più riprese che in questa casa prima dormivano Gaspar e i suoi genitori (mia cugina, il marito e il figlio). Mi metto il dopo sole con la piccola italogiapponese che mi parla e mi dice continuamente che si è graffiata in qualche modo e un po’ capisco le mamme che non riescono a fare niente senza essere seguite dai figli. Però capisco anche che per i bambini piccoli il tempo è composto dalle loro domande e dalla loro necessità di sapere, non da quella degli adulti di fare le loro cose. Sto finendo di sistemarmi quando la moglie di mio cugino mi chiede se posso darle una mano a cucinare. Così mi trovo a tagliare pomodorini in quattro, chiacchierando di spiritualità con lei e dicendo due parole ai bambini che di tanto in tanto passavano per la cucina.
Nel frattempo arriva anche l’altro gruppo che è stato fortunato nella pesca e così noi: domani con quei pesci Tomomi ci preparerà il sushi. Tra le notazioni curiose di Sikinos c’è che sull’isola c’è un solo pescatore, il secondo è morto pochi anni fa. La scarsa tradizione marinara dell’isola però non deve stupire: un tempo dal mare arrivavano invasioni pertanto era importante stabilirsi in zone lontane e sviluppare metodi di sostentamento diverso. Tra l’altro la scarsa propensione dei cicladici al mare ha fatto sì che si sviluppasse una civiltà a sé stante, poco incline ai commerci e alle interazioni con le altre civiltà. È per questo che in Grecia si parla di civiltà micenea, cretese e cicladica, perché ognuna aveva delle sue caratteristiche peculiari.
Per stasera intanto abbiamo invitato i francesi a cena. I due ritardano, lui perché deve ripulire il gommone a fondo prima di ripartire per Atene, lei per preparare dei biscotti per la cena.
Allora salgo sul tetto, il luogo preposto per stendere, cenare fuori, pensare con lo sguardo perso all’orizzonte, essiccare fichi che mio zio coglie dai numerosi alberi che sbucano dai giardini. Un tempo costituivano una delle ricchezze dell’isola, ora il numero si è ridotto drasticamente e non è raro trovare a terra i frutti che nessuno coglie.

La cena scorre tra conversazioni sul cibo e sugli abitanti dell’isola. I bambini intanto guardano “Totoro” in giapponese e mi fa così ridere questo crocevia di culture che si ritrova anche davanti a qualcosa che non è un grado di comprendere appieno.
Siamo tutti stanchi, il sole della barca ci ha appesantiti e ci salutiamo con l’invito dai francesi a vedere la proiezione in giardino di un vecchio film italiano domani sera.
Io son qui che scrivo con gli occhi che si chiudono e la sveglia un po’ prima del solito domani. La monaca del monastero sopra Kastro domani tiene una messa e io non voglio perdermi niente di ciò che Sikinos ha da offrire.