Penso che ricorderò questa vacanza anche come la vacanza in cui non ho dormito. A Salonicco per il caldo, ad Atene per la stanza condivisa e la paura di non sentire la sveglia, a Sikinos per il timore di perdere pezzi importanti della giornata. Stamattina la sveglia era poco prima delle 8 perché con mia zia e la moglie di mio cugino avevamo deciso di andare a sentire la messa bizantina al monastero. La liturgia prevedeva una durata di due ore, dalle 7.30 alle 9.30, ma noi avevamo deciso di vederne una riduzione, gli ultimi 40/45 minuti. A quanto pare è molto comune nelle messe ortodosse seguire una sola parte della liturgia. La messa cantata con le voci del pope e della monaca che si intrecciavano aveva un suo fascino ma tra il caldo, la mascherina, la scarpinata per salire al monastero, è stata una fatica rimanere. Quando alle 9.30 non c’era ancora stata la comunione e la situazione ambientale era diventata ormai opprimente, siamo tornate in giù.

In attesa che i bambini fossero pronti ho sistemato un po’ di questioni burocratiche per il rientro in Italia e cercato di capire come raggiungere la sistemazione a Santorini che ho prenotato ieri sera al posto di quella in cui era spuntato un costo non comunicato per il trasferimento da e verso l’albergo, conscia di spendere di più ma almeno sarò a Thira e non dovrò avere a che fare con albergatori che hanno fatto perdere la calma anche a me che di solito sono molto pacata. E se il rischio di andare incontro a due notti in stanze di infima categoria nonostante il prezzo è alto, almeno sono già preparata.

Mio zio e mio cugino dovevano sistemare la barca, così abbiamo riempito una macchina e siamo scesi a fare un tuffo al porto. E quando dico un tuffo, dico proprio un tuffo. Prima di scendere però, da dove era parcheggiata l’auto abbiamo scorto delle persone impegnate in uno dei lavori più importanti per l’uomo dall’alba dei tempi: la spremitura dell’uva. In questo caso con tutt’altro panorama rispetto a quello a cui ci ha abituati il classico Chianti.

Una volta a casa e cominciata la preparazione del pranzo l’amara sorpresa: col sugo di pesce sul fuoco, è saltata la corrente in tutto il paese. Queste piccole case hanno infatti la cucina elettrica e se salta la corrente, salta anche qualunque pasto che richiede cottura. A quel punto il nostro pranzo gourmet si è trasformato in una estiva e leggera insalata di ceci, tonno, pomodori e cipolle e in una altrettanto estiva insalata di pomodori e feta. Fortunatamente l’elettricità è tornata mentre mangiavamo e per stasera dovremmo riuscire a fare un altro dei pasti sopraffini in cui sono incappata da quando sono qui. Qualche anno fa non erano stati altrettanto fortunati e l’isola era rimasta senza luce per tre giorni perché una nave aveva tranciato il cavo sottomarino che porta l’elettricità da Santorini.

Organizzarsi con 5 bambini e una sola macchina prevede la capacità di trovare incastri e improvvisare. Io mi sono ritagliata un’oretta forse alla “piscina” accanto al porto dai colori familiari così simili al mio scoglio di Stintino. Poi mi ha raggiunta mio cugino che aveva finito di fare una riparazione in barca e quando sua moglie si è svegliata abbiamo recuperato gli altri bambini alla spiaggia del porto e siamo saliti in paese dove lui si è fermato mentre io ho preso sua moglie e siamo discese verso il mare. Questa volta abbiamo cambiato spiaggia. Abbiamo lasciato l’auto ad Agios Georgios e abbiamo imboccato un sentiero sotto costa. Lei ci era stata anni fa e non ricordava più l’insenatura che stavamo cercando. Per la fretta di tornare a casa per la cena ci siamo fermate alla prima baia accessibile anziché quella che stavamo cercando per un bagno in un’acqua più fresca di quella del porto, più esposta alle correnti e col sole già calato dietro i rilievi dell’isola, cercando di fare domande sulla presenza di murene (che ci sono sull’isola) solo una volta uscite dall’acqua. E solo il menù della cena e la rigida organizzazione della serata ci ha spinte a tornare seguendo l’orologio e non la contemplazione del panorama, con il sole che tingeva d’oro i ciuffi di erba secca e ogni centimetro di mare e di terra che regalavano un senso imponente di presenza.

A casa ci aspettava una cena luculliana tra mare e monti, tra Giappone e Mediterraneo. Intanto ho scoperto che quello che noi chiamiamo sushi non è sushi, sushi è solo il modo in cui si prepara il riso. Il pesce crudo è sashimi. Il menù ha visto avvicendarsi una zuppa fatta con patate, carote e i residui dello sfilettamento degli sgombri pescati ieri, dal sapore leggermente affumicato. A seguire sushi con sgombro e avocado da mangiare con cipolle in agrodolce, un po’ di guacamole. A chiudere costolette di agnello al forno con patate. Stavamo già sparecchiando per prepararci al dolce quando ci siamo ricordati delle tracine in padella (altro trofeo di pesca), cotte giusto con un filo d’olio e a quel punto mangiate direttamente dalla padella con le mani.

Sushi, cipolle, guacamole, zuppa, birra

La conversazione intanto spaziava dal modo di mangiare in Giappone, pieno di tante piccole pietanze a pasto e condivise (come anche in Grecia), al dito tagliato da Fosco Maraini quando era prigioniero in Giappone passando per i geni del pesce artico nella fragola e il modo in cui funzionano gli ogm in cui viene inserito un batterio velenoso per gli insetti infestanti che quindi si allontanano e il problema è che nel giro di circa dieci anni gli infestanti si evolvono e diventano resistenti ai batteri che prima li avvelenavano.

Teoricamente eravamo invitati dai francesi per la proiezione di un film sul muro del loro giardino. Alla fine sono andati solo i miei zii e mio cugino, noialtri siamo rimasti qui, chi a sistemare la cucina, chi a chiacchierare, chi a seguire la bambina di un anno, chi a farsi gli affari suoi.

Questa sarà la mia ultima notte qui e mi sento come se fossi arrivata ieri tante sono le cose che devo ancora fare o il senso di lontananza positiva e rilassata dalla realtà che questo luogo mi dà. Le sue dinamiche tengono fuori il mondo che gira vorticosamente ed è una sensazione che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita ma forse anche sempre.

Luci di Chorio viste dal tetto terrazzo

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