Ormai mi pare abbastanza evidente, il treno è uno dei posti in cui mi ritrovo a scrivere piuttosto spesso anche perché tra uno spostamento e l’altro finisco per passarci una certa quantità di tempo. Tutto questo nonostante cerchi di effettuare spostamenti tra un Workaway e un altro in aree geografiche abbastanza vicine tra loro. Questo sarebbe vero se mi spostassi di grande città in grande città (o medio-grande città), la verità è che la maggior parte dei Workaway che trovo (ma soprattutto cerco) sono in campagna, spesso abbastanza sperduta e quasi mai servita comodamente dai mezzi. Oltretutto la Francia è grande, molto grande, e ho ormai capito che devo smettere di approcciarla come se fosse geograficamente l’Italia. Anche i fiumi mi pare abbiano tutt’altra portata.
Anche oggi ho davanti a me circa sei ore di viaggio fatte di una metro, due treni, un bus delle ferrovie e qualcuno che mi venga a prendere. Devo però anche dire che, a parte lo stress di muovermi col mio bagaglio un po’ ingombrante (ma leggero se si considera che è pensato per tre stagioni), il viaggio è quel momento in cui non devo rendere conto a nessuno e posso rilassarmi. Perché sì, è bello l’incontro con l’altro ma spesso impone la condivisione anche in momenti in cui uno vorrebbe stare solo. L’equilibrio che si crea nelle diverse case che mi hanno accolta è diverso ogni volta e, prima di arrivare, non si sa mai se si troverà un angolo in cui sentirsi in pace totale o uno che richiede un po’ di adeguamento. Ora ad esempio mi sto muovendo verso una famiglia inglese con due bambine di 3 e 5 anni e un Labrador. Bizzarra come scelta, si direbbe, ma nel fine settimana di Pasqua e a pochi giorni dalla mia necessità di trovare una sistemazione, gli inglesi direbbero: beggars can’t be choosers.
Al di là dello stato di necessità della mia scelta comunque i contatti che ho avuto con Jen, la moglie, sono stati molto promettenti e sono molto ben predisposta. Avendo figlie così giovani credo anche che l’età dei genitori sia più vicina alla mia che a quella dei miei genitori e dopo un mese e mezzo in cui ho avuto contatti più con la fascia 50-80 che con quella 30-50 sono pronta a un cambio di situazione. Dopotutto sto facendo un viaggio quasi antropologico tra le persone e la giovane famiglia inglese che si trasferisce nelle campagne francesi è comunque un caso studio.
La mia necessità di coetanei è risultata abbastanza evidente in quest’ultimo fine settimana in cui sono stata a Tolosa, ospite di una compagna di classe del liceo e amica di mia sorella (e mia). Nei due giorni e mezzo che ho trascorso insieme a lei, al suo compagno e a una collega ho avuto chiara la differenza che fa confrontarsi con coetanei, per quanto libere e giovani di spirito fossero molte delle persone che mi hanno ospitata fino ad ora.
La settimana da Isabelle è terminata venerdì, dopo aver totalmente ripulito il suo piccolo orto, preparato una crema che ha molto apprezzato, aver preparato la mia dependance in attesa dei prossimi ospiti (paganti) e aver cominciato la correzione delle sue indicazioni per l’uso della casa graficamente e in inglese. E’ stata per me una settimana leggera, rilassante, in compagnia ma anche indipendente. Le ultime due sere è stato un piacere condividere il divano per guardare un film benché entrambe le sere avessimo clamorosamente sbagliato con la scelta. E’ stato però anche divertente commentare e ridere della banalità del primo e del fastidio e assenza di senso (a nostro dire) del secondo. E’ stato però anche un bene andare via, cambiare scenario, cambiare vite incontrate.
Venerdì mi ha accompagnata a Tolosa dove era attesa dalla figlia. Abbiamo fatto quattro passi in città, mi ha raccontato la sua versione della città e mi ha poi portato sotto casa della mia amica. Ci siamo salutate, col piacere di esserci conosciute ma credo anche col sereno piacere di separarci.
Alice fa parte delle amiche di mia sorella con cui negli anni ho avuto più contatti. Mi fa ridere perché ci eravamo incontrate brevemente a fine luglio con lei, il compagno e mia sorella, e io non avevo idea di cosa il futuro mi prospettasse. Otto mesi e mezzo dopo avevo cambiato vita, spirito ed ero in casa sua a Tolosa, città in cui si era trasferita per studiare appena finito il liceo.
Venerdì siamo state abbastanza tranquille in casa, sabato, con la calma che si confà a entrambe, siamo uscite per un tour diverso della città ed è incredibile come ognuno abbia la propria visione di uno stesso posto.
Tolosa è una città di dimensioni non tanto diverse da Firenze ma, a differenza di Firenze, le sue stradine sono invase da cittadini e non da turisti. Sarà stata la primavera arrivata sabato pomeriggio ma le sue numerose piazze e piazzette pullulavano di persone accomodate ai tavolini esterni dei bar. In generale però è proprio la città ad essere molto vivace e rilassata, piena di studenti, di musica e di teatri. Sono numerosi i locali che organizzano concerti serali ed è difficile non sapere cosa fare la sera.
Per far comprendere quanto il mio approccio alle città sia minato dalla mia provenienza, quando a pranzo ho chiesto ad Alice se il locale in cui eravamo fosse turistico o per locali, è rimasta perplessa dalla domanda e ha impiegato del tempo a rispondere: a Tolosa non c’è praticamente niente che sia solo per turisti poiché non ce ne sono molti e anche quelli che ci sono che magari vanno nei bar in Place du Capitole (la grande piazza col comune) trovano gli stessi prezzi che trovano in qualunque altro locale.




Arrivo al pranzo dunque: siamo state Chez Navarre, una sorta di trattoria con tavoli in comune, prezzo fisso e possibilità di servirsi più volte secondo il proprio stomaco. Il menù prevede una serie di antipasti che si trovano sulla tavola in cui si mangia, un primo, due secondi, dolci, acqua. Cucina piuttosto locale, casereccia e buonissima. Noi abbiamo trovato come antipasti uova sode (ma non troppo, il tuorlo a tratti era ancora à la coq), del burro aromatizzato, paté, lenticchie, insalata di carote, radicchi, cetriolini sottaceto (o sottolio, non so, non li ho mangiati). I piatti forti erano costituiti da una zuppa di patate dolci con curry e ginger fresco (ottima, presa due volte), e del riso da servire o con del pollo al curry o con una coscia di faraona in umido. Gli abbondanti ma ormai quasi finiti dolci prevedevano un ottimo pain perdu, una torta al cioccolato, riso al latte, composta di mele, un flan, delle prugne. Volendo anche frutta. Inutile dire che l’unico modo per uscire vivi da un pranzo del genere è sapersi gestire, mangiare con la testa anziché con la gola.





In seguito abbiamo optato per una passeggiata digestiva, qualche altra piazza, un paio di chiese in cui noiosissimi preti dicevano messa, prima di incontrarci con Jessica, collega bretone di Alice. Se quindi per 24 ore ero passata all’italiano come lingua principale, con l’arrivo di Jessica sono tornata al francese constatando sia come mi venisse sempre più facile comunicare sia come fosse diverso da quello di Isabelle: sempre pulito ma decisamente più alla mia portata. In quel momento ho smesso di visitare la città e ho cominciato a viverla. Abbiamo preso un caffè in una piazzetta, poi abbiamo invano cercato un bar in cui posarci per un aperitivo al sole. Abbiamo quindi ripiegato per una piazza del quartiere arabo ormai sempre meno arabo e in pieno centro. Là tra un paio di birre, noccioline e olive abbiamo trascorso un tempo che ormai si era perso, quando ci siamo alzate erano quasi le nove e il sole non c’era più.
Credo che ormai dovrei smettere di stupirmi della mia capacità di partecipare in conversazioni con persone che non conosco, parlando di tutto, parlando di niente. Ho anche realizzato come quel che più mi piace di questo viaggio è il confronto continuo con culture che non sono la mia, con le scoperte e le novità che questo comporta. Come le risate davanti a una scioccata Isabelle quando scopre che no, nella Carbonara non ci va la panna e quelle quando mi viene spiegato che i rumori tipo pernacchie che sentivo fare a Isabelle ad esempio al posto del nostro “boh” non erano un tratto distintivo suo bensì una caratteristica tutta francese. In generale vedo che quel che più mi sta appassionando di questo viaggio è scoprire cose che non so. E vivere più come una locale che come una turista.
Ieri infatti con Alice e Jessica abbiamo fatto una piccola gita fuori porta nel villaggio medievale di Sant Antonin Noble Val, costruito sul fiume Ayveron e ai piedi di una falesia. Il villaggio, benché un po’ sperduto, è vivace e abitato, oltre che visitato da numerosi turisti. Ogni domenica il suo mercato attrae visitatori tra cui noi che ci siamo comprate pane, formaggi, salame e dolce da mangiare sedute in riva al fiume e sotto un caldo sole primaverile. Nella ricerca di un bagno abbiamo scoperto che la guinguette (una sorta di chiosco) sul fiume era già aperto e in quel placido silenzio di natura e pochi altri commensali non abbiamo resistito a una birra prima di dedicarci a una passeggiata di un paio d’ore lungo fiume, laddove in estate diventa un’autostrada di kayak e bagnanti.






Non ho detto niente delle elezioni. In generale in questo mese e mezzo sono stata in case che inorridivano alla sola pronuncia del nome di Eric Zemmour ma al contempo detestavano con tutto il cuore la politica di Emmanuel Macron, accusato di aver distrutto il sistema pubblico. Ho percepito un forte disgusto davanti a un ballottaggio che richiede una buona dose di naso turato e, talvolta, anche la possibilità di non andare proprio a votare con la speranza che passi Le Pen e la sicurezza che questo sarà il via per una sollevazione popolare. Io ovviamente ho le mie perplessità e ho dovuto fare del naso turato e del male minore un po’ un sistema di voto, ma queste non sono le mie elezioni e non me la sono sentita di entrare in un dibattito su un argomento che conosco molto poco. Tolosa è una città comunque orientata a sinistra ma, se ho ben capito, con un sindaco di destra poiché la maggior parte di coloro che vivono a Tolosa non vota a Tolosa. Zemmour non è neanche venuto a fare il suo comizio elettorale qui e Melenchon (che a Tolosa ha preso una buona percentuale di voti) invece ci ha chiuso la sua campagna elettorale.
Tra una ventina di minuti entro in stazione a Bordeaux e nuovamente comincerò a pensare a cosa posso spedire in Italia quanto prima, per ora cerco di non pensare a niente e di concentrarmi solo sul viaggio, sulle attese e sulle coincidenze.