Rassicuro i miei pochi ma fedeli lettori che sono ancora viva e non ho abbandonato l’idea di scrivere una cronaca di quel che mi accade in terra straniera ma gli ultimi dieci giorni sono stati molto faticosi e non ho avuto modo. A dire il vero anche adesso scrivere mi sta richiedendo energie che non credo di avere per cui non sono sicura di riuscire a proseguire perché dovevo cominciare a battere il ferro della ricerca della casa, del lavoro, delle conoscenze, farmi un fine settimana in Dordogna con amici, e invece venerdì scorso, anziché prendere il treno, ho fatto un test e mi sono messa il cuore in pace: dopo averlo scansato per due anni e mezzo, era arrivato anche il mio turno di prendere il Covid e di prenderlo bene, con febbre, digiuno e assenza di forze. Non necessariamente un male visto che il frigorifero era pensato per accogliermi dopo Ferragosto, un po’ più frustrante quando, uscita dopo una settimana di isolamento per fare la spesa, anche aspettare l’autobus è stato faticoso. Ma basta col Covid e riprendo dove avevo lasciato, con un appuntamento e il trasloco temporaneo a Bussy Saint-Georges, più o meno campagna di Parigi, tranquilla, silenziosa e popolare.

L’appuntamento è stato divertente, cominciato in pieno cliché parigino al museo della Liberazione di Parigi per una mostra sulle donne reporter di guerra, e proseguito per una bevuta e una cena nei dintorni del museo. Il risultato è stato un pomeriggio simpatico e un invito a partecipare a ulteriori serate con amiche di cui al momento non ho potuto ancora approfittare a causa del mio stato di salute.

La presenza preponderante oltre al Covid invece è stata la burocrazia e la consapevolezza che quando la burocrazia francese incontra quella italiana o nascono mostri o la burocrazia italiana è una burocrazia morta.

Ho cominciato a fare le pratiche per l’iscrizione al Pôle Emploi, il corrispettivo del Centro dell’Impiego italiano con la differenza, mi dicono, che il Pôle Emploi aiuti effettivamente a trovare lavoro. Per iscriversi serve la carte vitale (o almeno la domanda per ottenerla) che credo sia il corrispettivo del nostro codice fiscale. Per avere la carte vitale serve una residenza in Francia. Per avere una residenza in Francia serve un appartamento. Per avere un appartamento in genere serve un lavoro a contratto indeterminato, fuori dal periodo di prova di tre mesi e il cui salario sia tre volte l’affitto. Se lo chiamate, il cane che si morde la coda resta dov’è. Ovviamente ci sono delle scappatoie, come una dichiarazione di qualcuno con affitto regolare dimostrabile attraverso bollette a suo nome, che dichiara che sei residente nel suo appartamento ma è già un ulteriore passaggio da fare. Per perfezionare l’iscrizione servono inoltre dei moduli rilasciati dalla sede Inps di competenza per proseguire al conteggio dei contributi ma quando ho utilizzato la sezione dedicata della mia pagina personale per comunicare con l’Inps, l’unica risposta che ho ottenuto è stata che dovevo prendere un appuntamento e recarmi fisicamente a prenderli. Particolare: specificavo che ero già in Francia. Dopo una difficoltosa e infruttuosa ricerca da parte delle mie stanche membra, mia madre ha trovato il numero di telefono del contact center per le chiamate da cellulare perché sulla pagina della mia sede Inps di riferimento questo numero non c’era. Ho parlato con la gentilissima operatrice che ha inoltrato la mia richiesta con urgenza alla sede competente. La sede competente non mi ha mandato i documenti (come logica avrebbe voluto, visto che ne avevo bisogno e li stavo richiedendo tramite il mio spazio personale) bensì mi ha mandato un indirizzo mail a cui richiederli. Tempo passato dalla mia prima richiesta: 15 giorni. Tempo da attendere ancora: ignoto. Mia perplessità davanti all’impossibilità di reperire tali documenti nel proprio spazio personale accessibile tramite Spid: elevatissima.

L’urgenza di reperire i moduli in questione non sarebbe neanche così pressante per quel che mi riguarda se non fosse che venerdì scorso ho inaugurato la mia settimana di isolamento con la febbre a 38.5 e una telefonata di un dipendente del Pôle Emploi con lo stesso grado di empatia e flessibilità di un chatbot a cui con difficoltà ho cercato di far capire la mia situazione senza peraltro riuscirci, credo.

Mi rendo conto che questo post non è affatto interessante ma la settimana di vita che ho appena trascorso stenterei pure a chiamarla vita. Mi sono ammalata in estate e sono guarita in autunno, che c’è stato un violentissimo nubifragio a Parigi l’ho letto il giorno dopo, mentre scorrevo la galleria d’immagini del mio telefono ho avuto bisogno di qualche secondo per realizzare che certe foto le avevo fatte io.

Degno di nota in questa settimana credo ci sia soprattuto la dimostrazione ancora una volta dell’importanza dei contatti e di non aver paura di chiedere: un’amica mi ha dato il contatto Facebook di una sua conoscente con cui non si parlano da dieci anni ma che era sicura mi avrebbe aiutato. Ebbene: meno di un’ora dopo il mio messaggio di richiesta di aiuto per la ricerca della casa mi ha chiamata e, anche se non aveva niente da propormi, mi ha offerto la sua collaborazione per trovarlo e una voce amica conscia di ogni difficoltà perché le aveva già provate sulla sua pelle. Non sarà una casa ma è un altro bagliore di speranza e umanità e in questo momento ho bisogno anche di quello.

3 pensieri riguardo “Sous le ciel de Paris / 5

  1. Potrebbe!??!!esserti utile…vissuto a Parigi nel 1981 in Avenue de La Bourdonnaie 68, a pochi passi dalla Tour Eiffel.Affittavano delle stanzette all’ultimo piano, non c’era ascensore.Vi ho lavorato in nero ed avevo parecchie richieste di lezioni private di Italiano.

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      1. Mi piacerebbe sapere perchè temibili.La camera , molto piccola,trovata grazie alla sorella di un amico francese.Forse erano di un Istituto.Come sistemazione provvisoria è andata benissimo.

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