Ora che comincio a scrivere sono seduta sugli scalini di un anfiteatro all’interno del parco di Belleville, avvolta dall’odore di fumo di erba e musica elettronica. Nel pomeriggio sono uscita perché non ne potevo più di stare in casa davanti a un computer e con i piedi sempre più freddi. In settimana la temperatura è scesa vertiginosamente e quando non batte il sole sembra quasi inverno.



Se la scorsa domenica ero andata a letto con una prospettiva sul futuro che pareva muoversi, la settimana invece ha riportato a galla tutte le problematiche legate alla mia situazione. Ero stata contattata per un ruolo di assistente di direzione ma il mio non essere immediatamente operativa per via della lingua (con cui comunico molto bene ma che non è perfetta) e la scarsa dimestichezza col pacchetto hanno fatto sorgere dubbi nella responsabile delle assunzioni (e anche in me) sulla mia capacità di cominciare subito un lavoro in cui la conoscenza del francese deve essere migliore di quella che già ho. Come se non bastasse, l’ennesimo complimento sulla mia capacità di scrivere in italiano mi ha interrogato profondamente sul senso di essere in un paese in cui non si parla né la lingua in cui scrivo molto bene (l’italiano) né quella in cui scrivo discretamente (l’inglese). Ad aggiungere ulteriore sconforto, l’avvicinarsi del momento in cui dovrò ricominciare a cercare un alloggio, sempre senza un lavoro e comunque sempre senza la possibilità di aver già superato i tre mesi di prova necessari quando si passa attraverso le agenzie. Per un attimo si era presentata la possibilità di riprendere il contratto della casa in cui sono ora ma, impossibilitata a produrre un buon dossier e con una rete di contatti ancora troppo esigua, non sono sicura di aver voglia di mettermi a cercare altri tre coinquilini sconosciuti a cui chiedere le garanzie che io non posso dare. L’ansia della casa si è ripresentata talmente potente che oggi ho cominciato a recuperare contatti che erano rimasti in sospeso dopo aver trovato la casa in cui sono adesso.

A parte questi elementi di forte ansia continuo il mio percorso. Ho fatto la babysitter per qualche ora la scorsa settimana in modo tale da essere solo quasi in rimessa anziché totalmente. Ho cominciato a sentirmi un po’ più parte della coloc e domenica scorsa, dopo delle chiacchiere al sole del giardino siamo usciti per andare a una serata di sostegno per una realtà locale della vicina Bagnolet, la Bergerie, una piccola fattoria in mezzo alle case popolari, luogo di incontro della comunità che dovrebbe far spazio alla nuova scuola (se non ricordo male). Ero stata invitata anche a una cena da amici dei miei coinquilini ma ero già stanca per aver parlato molto francese, la prospettiva di una serata in cui si sarebbe parlato solo spagnolo mi ha fatto desistere.

Domani inizio una breve ma intensa formazione su come valorizzare la mia figura professionale, sarà in gruppo e vediamo se da lì spuntano fuori muove idee. Nel pomeriggio vedo le simpatiche pensionate che vogliono fare conversazione in italiano. Martedì ho la seconda tappa di un colloquio di lavoro, venerdì la prima tappa di selezione per una formazione in marketing digitale con concrete possibilità di assunzione dopo tre mesi di formazione e un anno di lavoro in alternanza (pagato col salario minimo). Non sono ancora sicura al 100% che sia la mia strada ma sento anche di aver bisogno di uscire nel mondo con una formazione che stia al passo coi tempi.
Venerdì sera sono uscita per una bevuta e una cena con la conoscente di amiche grazie alla quale ho trovato la casa in cui sono adesso. Non ci eravamo ancora viste e per riconoscerci ci siamo inviate un messaggio in cui descrivevamo il nostro abbigliamento. Sono tornata a casa ubriaca di vino, colpita da quegli incontri che, anche se sono prime volte, hai l’impressione che ce ne siano stati tanti altri prima vista la facilità di conversazione, ma anche con la conferma di quel che ho veramente capito di Parigi: è piena di possibilità ma la concorrenza è spietata.