Quello che tutti si dimenticano di dire sui podcast è che il tempo necessario per portarli a termine non è così diverso da quello che serve per godersi una serie televisiva. Molti sono costituiti da tante puntate, spesso e volentieri lunghe circa un’ora, e sono costruiti con meccanismi narrativi che poco si discostano dalle serie. In questo post scriverò brevemente di quelli che ho ascoltato nell’ultimo anno. Mi scuso se, a parte uno, sono tutti in inglese. Ascolto anche altre cose, primo fra tutti Morning, la rassegna stampa mattutina a cura di Francesco Costa del Post o altri podcast le cui pontate sono scollegate tra loro (i long reads del Guardian, You’re dead to me della BBC, le lezioni di Alessandro Barbero per dirne alcuni), qui però mi dedicherò solo a quelli costruiti in maniera organica.
The other Latif (WNYC Studios)
A partire da un caso di omonimia, l’autore si trova a indagare sulla storia di Abdul Latif Nasser, su come sia arrivato da una vita tranquilla in Marocco a Guantanamo e come si sia ritrovato in mezzo a una storia anche burocratica assurda che non può lasciare indifferenti. Poche puntate, sei più un aggiornamento di pochi minuti sulla vicenda, e molto avvincente.
Pieces of Britney (BBC Radio 4)
A partire dal movimento #freebritney che si proponeva di liberare Britney Spears dalla tutela del padre, viene ricostruita la vita della cantante. E’ interessante perché è anche una riflessione sulle distorsioni della celebrità e sulla violenza psicologica anche involontaria che ci si sente in diritto di infliggere ai personaggi famosi per il solo fatto che sono famosi. Io ovviamente nutro una insospettabile simpatia per Britney più o meno dalle origini e l’ascolto di questo podcast me l’ha fatta sentire ancora più vicina.
Il dito di Dio: voci dalla Concordia (Chora media).
Il naufragio della Concordia mi ha sempre appassionato all’incirca zero finché non sono incappata in questo podcast che lo ricostruisce mescolando testimonianze di sopravvissuti con audio estrapolati da video o telefonate avvenute a bordo della nave. In questo modo pare quasi di essere a bordo, di sentire l’odore della paura, dell’incertezza, anche se dieci anni dopo si sa già chi ce l’ha fatta e chi no. Io di solito rifuggo dal giornalismo del dolore ma questo mi è sembrato piuttosto equilibrato e, dopo dieci anni, sufficientemente lontano nel tempo.
The dropout: Elizabeth Holmes on trial (ABC Audio).
Elizabeth Holmes ha abbandonato l’università di Stanford prima della laura per dedicarsi al suo progetto imprenditoriale: eseguire le analisi del sangue a partire da poche gocce di sangue. L’idea era rivoluzionaria, il risultato si è rivelato invece una enorme frode ai danni di investitori e pazienti. Il podcast ricostruisce la storia della Holmes, della sua azienda Theranos, e del processo che l’ha vista imputata questo inverno. Poiché buona parte del podcast è dedicato all’aggiornamento settimanale sul processo è molto lungo, una trentina di puntate, forse un po’ troppe per chi decide di ascoltarlo ora che il processo si è chiuso anziché settimana dopo settimana. Però è uno sguardo a tratti inquietanti su Silicon Valley e sul mondo degli investimenti. Ma forse siamo noi italiani conservatori e io povera per investire alcunché.
American radical (MSNBC)
Il 6 gennaio del 2021 un gruppo di seguaci di Donald Trump assalta il Congresso degli Stati Uniti a Washington DC, negli scontri muore anche Rosanne Boyland. Il podcast ricostruisce la vita della Boyland e di come una donna con nessun interesse per la politica sia entrata nel gorgo dell’estremismo di destra fino a morirne.
According to need (99% invisible)
Un viaggio nel mondo dei senzatetto alle porte di San Francisco e dei programmi che operano per offrire assistenza a chi si trova senza casa. Breve, conciso, con qualche notizia positiva in mezzo a tanto strazio, non può che ricordare la fortuna di avere un tetto sopra la propria testa.