Uno degli aspetti più sorprendenti di questo viaggio è la diversità di anime che incontro, sono tutte unite dall’apertura verso l’altro necessaria per accogliere una sconosciuta in casa ma ognuna ha la sua specificità e unicità. Ogni persona, ogni famiglia, si organizza secondo le proprie esigenze e personalità e bisogna darsi il tempo di comprenderle.
Ho chiuso l’ultimo post con la sensazione di violenta felicità che mi aveva dato la sera finale trascorsa in casa di Guillaume, Shirley e famiglia, riprendo adesso da Breuil-Magné, comune di meno di duemila abitanti attaccato a Rochefort e non lontano da La Rochelle. Non sono tanto lontana dallo château della mia precedente permanenza ma avevo una sorta di conto in sospeso con Candice e famiglia pertanto eccomi qua in un ambiente che più diverso dal precedente non si può, in una casa di fabbricazione recente, moderna e funzionale, con pochissimo arredamento personale perché nei fine settimana talvolta la affittano.

Avevo contattato Candice come host successiva al mio fine settimana tolosano per i dieci giorni a cavallo di Pasqua, poteva però ospitarmi soltanto nei giorni feriali. In quei giorni un po’ frastornanti cercavo piuttosto delle famiglie francesi e, vista la scarsità di opportunità, mi ero rassegnata a inviare richieste anche a host che avessero bambini piccoli che un po’ mi intimorivano. Candice ne aveva tre, tra i 4 mesi e i quasi 6 anni di età, in seguito avevo ripiegato sull’unico altro profilo che mi aveva attratto (benché con bambini) ritrovandomi catapultata nella vita di Jen con le sue piccole Fleur e Elodie. Potrei a questo punto aprire un intero filone su come scelte fatte per necessità e caso e senza troppa convinzione si siano rivelate poi di una inattesa ricchezza ma non lo farò e tornerò a Candice e famiglia e al conto in sospeso.
Quando le avevo detto che se non riuscivo a organizzarmi diversamente per i giorni di Pasqua sarei andata da loro anche solo fino al venerdì mattina, mi aveva risposto che avevano già iniziato ad ascoltare i classici della musica italiana per prepararsi alla mia attesa. Non avevo trovato il coraggio di dirle che probabilmente buona parte dei cosiddetti “classici italiani” non si trovavano nella mia libreria musicale ma avevo trovato il fatto simpatico e divertente quindi siamo rimaste d’accordo per risentirci a maggio e vedere se potevamo trovare delle date compatibili. Quindi ora sono qui per poco più di una settimana con Candice, il marito Bertrand e i piccoli Rafael di quasi 6 anni, Nathan di 4 e Matheo di 4 mesi.
Rispetto alle bambine, l’impatto con Rafael e Nathan è stato decisamente più semplice: è stato un po’ come rivedere la mia infanzia quindi abbiamo giocato un po’ a pallacanestro prima di lanciarci nel calcio e qui ci sarebbe tutta una parentesi da aprire. Se si esclude la piccola parentesi nella piazza di Banyoles un mese e mezzo fa, non toccavo propriamente un pallone da circa un anno e posso confermare ancora una volta che mi era mancato. Credo ci sia un ritorno alla spensieratezza, alla libertà, alla dimensione del gioco infantile, alla leggerezza nel mio rapporto attuale* col calcio. Mentre inseguivo la palla nel piccolo rettangolo di prato verde della casa mi sentivo come se una scarica di elettricità avesse percorso il mio corpo e, soprattutto, come se la competitività non mi avesse abbandonata neanche ora che stavo giocando con due bambini ancora alla scuola materna. Il fatto che giocassi a calcio però deve aver talmente confuso Rafael e Nathan che la sera, nonostante avessimo anche fatto il bagno in piscina insieme, mi hanno chiesto se fossi un maschio o una femmina. Prima di andare a letto hanno chiesto se potevo andare a dar loro la buonanotte.
I due bambini sono vivaci, decisamente, Rafael più riflessivo, Nathan più furbo. Hanno entrambi una gran passione per lo sport e per arrivare primi. Domenica pomeriggio abbiamo fatto una piccola passeggiata in bicicletta, al ritorno, per l’ultimo tratto, i due fratelli hanno fatto una gara e il maggiore è arrivato prima. La reazione del fratello arrivato secondo è stata disperata come solo la reazione di un bambino può essere. Sono molto curiosi e mi fanno tante domande, dal quanti anni ho al perché non sono sposata al cosa sono quelle cose che metto negli occhi (delle lenti a contatto). In generale però l’ordine di arrivo (e pertanto anche quello di nascita) sembra quasi un’ossessione.
Come tutti i bambini, invadono gli spazi che sono abituati a sapere come loro e io dormo nella loro stanza dei giochi così capita che mentre cerco di sistemare un po’ le mie cose, me li trovo in camera che trovano il mio diario in mezzo ad assorbenti e creme e decidono di lasciare una traccia del loro passaggio (Nathan, aveva il mio permesso di farlo) oppure a giocare con il Lego e spiegarmi per filo e per segno cosa hanno appena costruito (Rafael).
Credo che la madre passi buona parte del tempo che trascorre coi figli a sgridarli eppure, mi dice, quando non ci sono sente un gran vuoto e non vede l’ora di ritrovarli. Tra qualche anno spera di poter partire con la famiglia per un giro del mondo di sei mesi e già è contenta all’idea di poter stare con loro tutto il tempo. Il giro del mondo in sei mesi perché anche per lei la libertà non sta nell’assenza di legami o responsabilità ma dentro di sé. Ha qualche anno in meno di me, tre figli e pensa già al quarto perché così è più semplice, possono fare le cose a coppie, dividere in tre è più complicato. Non ho ancora capito appieno la persona ma so già che è una donna e una madre diversa da quelle che l’hanno preceduta nel mio viaggio. Mi sembra più diretta, con meno fronzoli e/o turbamenti delle altre.
Betrand invece è fisicamente molto assente: la coppia sta ristrutturando una casa che hanno comprato in previsione di affittarla e lui passa le giornate a lavorare lì. Esce poco dopo le 8 la mattina e credo di averlo visto a cena solo domenica, il giorno del mio arrivo, e oggi ma avevamo già praticamente finito. Fino all’inizio dell’anno lavorava nell’aeronautica, era una di quelle persone che assembla gli aerei, ora si è dedicato all’acquisto e ristrutturazione di case da mettere poi in affitto e lo preferisce di gran lunga perché così lavora per sé. Non l’ho ancora decifrato pienamente, è abbastanza silenzioso e parla a voce bassa, modello bel tenebroso, credo abbia la testa completamente sulla ristrutturazione. E sullo sport. Mi pare comunque un padre che cerca di essere presente e proprio ora che scrivo è nella camera dei figli che cerca di addormentarli.
In generale Candice e Bertrand mi sono sembrate persone flessibili con i progetti di vita. Ora sono le case da ristrutturare e affittare, se dovessero trovare qualcosa di più interessante e remunerativo in futuro, faranno quello. Dopotutto Candice per lavoro si occupa di consigliare imprenditori o imprenditrici che desiderano aprire nuove imprese.
Ieri ho accompagnato Candice alla sua lezione di step, inizialmente mi faceva una fatica enorme uscire perché avevo lavorato parecchio durante il giorno ed ero sprovvista di scarpe adeguate, ma sentivo che mi sarei sentita una scema a non andare. Siamo arrivate in ritardo perché il marito si era dimenticato di rientrare in tempo ma quei venti minuti circa sono stati per me scoordinati e divertenti oltre che la conferma di quanto mi manchi un’attività fisica in genere. La palestra in cui abbiamo fatto step era accanto a un campo da calcio. Inutile dire che l’ho attraversato correndo e saltellando con un impeto di gioia pura. Gioia talmente pura che, complice la giornata un po’ più chiacchierona, è finita con spirito più amicale che ospitale, con io che chiedevo a Candice cosa fare con l’operaio berbero, di una gentilezza disarmante, che dopo avermi aiutata a imbiancare tutto il giorno e avermi chiesto il numero di telefono, mi aveva scritto durante la lezione di step e lei che mi diceva di dirgli apertamente che non era il mio tipo e perché.

Poiché ieri ho fatto la giornata lunga oggi sono stata libera. La mattina mi sono goduta la casa da sola e silenziosa, nel pomeriggio ho fatto una passeggiata nella vicina Rochefort, città di circa dodicimila abitanti sorta lungo il fiume Charente ai tempi di Luigi XIV che ne fece un importante centro navale come testimonia la zona dell’arsenale col suo museo della Marina, il museo della Corderia reale situazione nella vecchia sede di produzione di corde per le navi e un parco avventure costruito sulla forma di un antico veliero. A Firenze non mi ci vedo ma credo che il confronto con la città mi perseguiterà ogni volta che ne visiterò una.



* Cliccando qui c’è anche un rimando al mio rapporto passato col calcio